domenica 23 novembre 2014

H5N8, H7N9, H5N1: diverse facce di un singolo problema






Le cronache di questi giorni hanno riportato in primo piano le notizie relative a casi di influenza aviaria, dall’ epidemia di H5N8 negli allevamenti avicoli olandesi e inglesi, ai nuovi casi umani di  influenza H7n9 in Cina fino al mai domo H5N1, responsabile di 2 morti in Egitto. E' ovvio che la sovrapposizione di questi episodi è puramente casuale, ma viene comunque da interrogarsi su cosa stia dietro queste emergenze che si rinnovano a ritmi incalzanti.

 I focolai europei di influenza H5N8 fanno seguito a quelli verificatisi in Germania.  Il virus H5N8 è stato isolato per la prima volta in Irlanda nel 1983 e, dopo sporadiche apparizioni negli Stati Uniti e in Asia, si è ripresentato a partire del 2010 sotto una nuova veste, grazie al riassortimento con altri virus di tipo H5. A gennaio di quest’ anno, ha determinato un’ estesa epidemia negli allevamenti di pollame della Corea del Sud ed è stato segnalato in Giappone e in Cina. Il ceppo risulta essere il medesimo che ha causato i focolai in Europa. Al momento non sembrano esserci rischi per la popolazione,  tuttavia è inquietante la rapidità con cui ceppi di recente insorgenza si siano diffusi dall’ Asia all’ Europa. Una parte della responsabilità è legata ai traffici internazionali di volatili, ma il ruolo sicuramente maggiore è giocato dalle rotte migratorie degli uccelli acquatici, che sono in grado di coprire grandi distanze e di trasmettere l’ infezione agli animali domestici. 


In Cina si segnala una ripresa dei casi di influenza H7N9, con tre nuovi casi riportati dall' ultimo bollettino dell’ OMS, giunta alla sua terza stagione e che ha fatto più di 450 casi  e 175 vittime. Vedremo nelle prossime settimane/mesi se si ripeteranno gli scenari delle precedenti stagioni, comunque sarà un tema che merita un approfondimento a parte.


Da ultimo assistiamo ad un ritorno dell’ influenza H5N1 nel sud dell’ Egitto, terra che è stata spesso teatro di focolai epidemici legati a questo virus, anche se la letalità nei casi registrati in questo paese è risultata storicamente inferiore rispetto a quella osservata nei paesi asiatici.

E’ interessante notare come tutte queste notizie arrivino ovattate nelle cronache di stampa e non tendano a deflagrare come  avveniva 8-9 anni fa, quando l’ allora rampante virus H5N1 occupava le prime pagine dei giornali e teneva con il fiato sospeso l’ opinione pubblica mondiale, causando anche seri danni ai settori economici correlati. I primi 18 casi umani, di cui 6 fatali, risalgono al 1997. Il momento più critico è stato  toccato nel 2005,  allorché vengono documentati i primi casi di trasmissione interfamigliare, con l’  che si allarga a macchia d' olio.

Nel 2006 la situazione si aggrava: il virus viene isolato per la prima volta in   un allevamento di polli della Nigeria e uccelli infetti vengono segnalati da molti paesi tra cui Italia, Germania e  Francia. Spaventa l’ aggressività del virus, in grado di uccidere il 50% delle persone colpite,  la capacità di trasmettersi da uomo a uomo e i timori di essere alle porte di una pandemia devastante come quella del 1918, tanto da spingere l’ OMS a diramare misure urgenti di controllo e di preparazione che dovevano essere recepite da tutti gli stati membri. Sono passati diversi anni da allora, una pandemia è arrivata, ma causata da un virus completamente diverso e senza i temuti effetti drammatici e questo ha fatto si che i riflettori si spegnessero a poco a poco su tutta la problematica.

In realtà, anche se non c’ è motivo per vivere in uno stato di terrore permanente, è necessario restare vigili nei confronti di queste continue evoluzioni perché,  se anche sembrano limitate nei loro effetti immediati, possono creare i presupposti per fenomeni più pericolosi. Vediamo di capire le ragioni di questa cautela.






Gli uccelli migratori rappresentano storicamente il serbatoio principale del virus dell’ influenza di tipo A, di cui si conoscono varie ramificazioni, a seconda degli antigeni di superficie Emagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA), proteine di superficie con un’ importante funzione nel ciclo vitale del virus.  Si conoscono 17 varianti di HA e 10 di NA con varie possibili combinazioni ( se ne contano ca 200) e tutte sono veicolate dagli uccelli, ad eccezione dell’ H17N10 che sembra esclusiva dei pipistrelli. Dagli uccelli si diffondono a molte altre specie tra cui l’ uomo, in cui circolano i sottotipi H1, H2 e H3.

Il mondo dei virus influenzali è paragonabile ad un gigantesco laboratorio in cui avvengono continue trasformazioni del corredo genetico dei singoli virus che, oltre ad avere una spiccata propensione a mutazioni spontanee, sono soggetti ad un rimaneggiamento del loro
corredo genetico tramite lo scambio- chiamato riassortimento  - di materiale appartenente a sottotipi diversi, così da generare virus del tutto nuovi. Il virus influenzale è costituito da 8 segmenti di RNA e nel corso delle epidemie che colpiscono milioni di animali di specie diverse non è raro che uno stesso organismo venga attaccato da due virus diversi e dal rimescolamento dei segmenti genetici nasca una progenie con caratteristiche mutate. Alcune di queste varianti si dimostrano scarsamente vitali e si estinguono in tempi brevi, altre hanno una migliore capacità infettiva che permette loro di riprodursi in modo efficace e di guadagnarsi uno spazio nell’ ambito delle varie specie circolanti. In qualche caso nascono virus che sono in grado di attaccare gli esseri umani. Questo può avvenire in maniera limitata, come è stato finora con i virus H5N1 e H7N9 o estesa come è avvenuto con i virus pandemici. Generalmente si ritiene che affinché un virus diventi una seria minaccia per la nostra specie debba condividere materiale genetico sia di provenienza aviaria che umana e, in questo senso,
un ruolo chiave è giocato dai maiali, grazie al fatto che possiedono recettori che permettono l’ attecchimento di entrambi i tipi di virus: l’ ultima pandemia è un chiaro esempio in questo senso. I cambiamenti ambientali, demografici ed economici che hanno interessato il nostro pianeta nelle ultime decadi agiscono nel senso di favorire sia la probabilità  di eventi di questo tipo sia la rapidità dei una loro diffusione su larga scala.

Anche se i molti allarmi lanciati dagli organismi mondiali preposti ad esercitare la vigilanza ci hanno un po’ assuefatto e spinto in larga parte ad uno distaccato scetticismo è opportuno non abbassare la guardia e seguire le notizie che vengono divulgate in questi giorni con un atteggiamento sereno ma anche attento a cogliere quelli che possono essere gli imprevedibili sviluppi.







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