Ogni anno, quando l’ estate appena passata sembra un ricordo
lontano e con le prime nebbie si annunciano
i rigori dell’ inverno imminente, sulle pagine dei giornali,
immancabile, si ritorna a parlare di influenza. E il tema viene affrontato
sotto varie angolazioni, con titoli più o meno ad effetto ed interviste
agli esperti di turno che, assumendo i
panni dei meteorologi di prima serata,
si avventurano in pronostici su quello che sarà l’ andamento della stagione
alle porte. E’ così che anche quest’ anno si possono leggere titoli che
prefigurano una stagione leggera ma anche altri che ci mettono in guardia
contro un andamento severo .
Da che parte sta la verità?
A settembre del 2012 sul
Corriere della Sera online si poteva leggere questa notizia.
Si riferiva alla
minaccia rappresentata da due nuovi ceppi di influenza che, si prevedeva, avrebbero circolato in quell’ anno e,
notate, si portano come confronto le due “miti” stagioni precedenti. Il tono
della notizia sembra rievocare quello degli allarmi legati al virus H1N1 solo
che, in questo caso, al posto di uno, arrivano ben due virus cattivi. L’
allarme sembra essere partito da una delle tante società scientifiche presenti
in Italia. Interessante leggere la reazione delle persone che scrivono la loro
opinione in fondo all’ articolo:
Prevalgono nettamente i
commenti strafottenti e canzonatori, con richiami espliciti a presunti interessi commerciali o addirittura
complotti delle case farmaceutiche, ma c’è anche un commentatore che vive da
diversi anni in un paese straniero e si dichiara stupito di come l’ influenza
sia presa sottogamba dai nostri connazionali.
E’ un esempio paradigmatico
di come da una parte ci sia la tendenza dei media ad enfatizzare le notizie di
pericoli e minacce, non si sa quanto veritiere, mentre dall’ altra scatti una
specie di riflesso condizionato che porta la gente comune a rigettare tali
notizie come infondate.
Ma alla base di tutto
questo c’ è un’ informazione
scientifica che, anziché mettere le persone nelle condizioni di capire quello
che succede, lancia allarmi che finiscono per essere interpretati come ennesime
chiamate al lupo. Allarmi che, diciamolo subito, in questo caso non erano
giustificati.
Ma vediamo di capire bene come stanno le cose. Il virus
influenzale non è un’ entità stabile nel tempo, ma ha la tendenza a modificarsi
continuamente sotto l’ effetto della pressione selettiva che subisce nell’
ambito delle popolazioni in cui si diffonde. Se restasse inalterato, dopo aver
contagiato un numero elevato di persone si troverebbe a dover attendere
numerosi anni prima che si ricostituisca una popolazione sufficientemente ampia
di persone suscettibili che gli permetta di circolare nuovamente. Altri virus,
come il morbillo e la varicella, sono
più stabili nel tempo e hanno la tendenza di causare epidemie cicliche con
intervalli di 3-4 anni e che rendono immuni a vita i soggetti colpiti. Questa è
la caratteristica propria dei virus a DNA, mentre il virus influenzale, che
appartiene alla famiglia degli Orthomyxovirus, è un virus a RNA e, come altri
della sua categoria, ha il “difetto” di mutare con notevole rapidità, ma questa è
anche la ragione del suo grande successo. Di qui la necessità di variare ogni
anno la composizione del vaccino ed è compito dell’ OMS di fornire le
raccomandazioni a proposito, sulla base delle informazioni raccolte tramite il
Global Influenza Surveillance Network, che a sua volta si avvale della collaborazione dei National Influenza
Centres (NIC) presenti in 111 Paesi.
Per deliberare si riunisce due volte all’ anno, a settembre
e a marzo, rispettivamente per l’ emisfero nord e quello sud, con un largo
anticipo rispetto alle stagioni interessate, poiché le ditte farmaceutiche
hanno bisogno di tempi lunghi per allestire le linee produttrici. In tutto
questo tempo i virus hanno l’ opportunità di cambiare, a volte anche in maniera
sostanziale,
come è avvenuto con il ceppo che si vede in figura,
responsabile di una stagione severa nel 2002-03, in quanto variante non presente
nel vaccino di quell’ anno.
Ogni ceppo influenzale è identificato mediante una sigla, con l’ indicazione
del tipo (A o B), località in cui è stato isolato, numero progressivo, anno di
isolamento e sottotipo. I ceppi che prevalgono in questi ultimi anni e che
entrano nella formulazione dei vaccini sono tre, due di tipo A ( sottotipi H3N2
e H1N1) e uno di tipo B.
Tornando all’ articolo
citato sopra, si parla della minaccia rappresentata da due nuovi virus, ma in
realtà i due ceppi erano stati si delle novità, ma nel corso dell’ anno
precedente, quando avevano caratterizzato l’ ultima parte di una stagione che,
stando ai rapporti provenienti da più parti d’ Europa, non era stata per niente
mite. I bollettini sulla mortalità divulgati da diversi paesi europei, ma non
dall’ Italia in cui manca un siffatto sistema di monitoraggio, avevano dimostrato
un impatto severo sulla mortalità, in particolare nella popolazione anziana. Per questo l' OMS li ha inseriti nelle sue raccomandazioni per la stagione successiva.
L' informazione scientifica che viene data alla gente comune deve essere il più possibile obiettiva e circostanziata e non deve limitarsi a proclami destinati a cadere nel vuoto o a suscitare reazioni di rifiuto.
Come sarà quindi l’ influenza di quest’ anno? Non lo
sappiamo, ma è comunque opportuno prepararsi al meglio, ad iniziare dalla
vaccinazione, da proporsi primariamente per le categorie a rischio, per gli
anziani ma opportuna anche per altre fasce della popolazione come quella
pediatrica.
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