Ebola è la
minaccia del momento, a cui vengono dedicati grandi titoli di prima pagina, che suscita allarmi che rimbalzano a livello planetario e, come
riportano le cronache, all’ origine di
episodi di isteria nella popolazione al solo sospetto di casi, non
importa quanto poco probabili. Viviamo in una società, almeno la nostra
occidentale, molto più sicura e protetta nei confronti dei rischi per la
salute, questo grazie agli indubbi progressi nel campo dell’ igiene, della
medicina e della scienza ma non più libera da paure irrazionali. Nonostante non
si verifichino più le epidemie dagli effetti devastanti come la peste o il
vaiolo, nella gente comune è rimasta una paura atavica nei confronti di
malattie che possano farci ripercorrere quelle pagine nere della nostra storia.
E’ quanto sta avvenendo con ebola, a motivo delle cronache che ci hanno
testimoniato delle terribili conseguenze della malattia nelle persone colpite e
dell’ avanzata che in certi momenti è sembrata inesorabile e vicina a mettere a
rischio la sicurezza dei nostri paesi. Abbiamo discusso in un precedente post le ragioni per le quali è altamente improbabile che ci possano essere rischi
reali per la nostra società. Oggi vedremo insieme perché l’ influenza è in
realtà una malattia molto più pericolosa, anche se nella percezione generale
viene vista come una malattia di scarso rilevo e all’ origine di allarmi
gonfiati da parte delle autorità che si occupano di esercitare la vigilanza a
livello mondiale. Lo possiamo capire mettendo a confronto le due malattie. Iniziamo con i dati storici.
Ebola è un virus che pur
esistendo da epoche lontane, ha fatto la sua comparsa ufficiale con il primo
caso umano solo nel 1976, in una località dello Zaire nei pressi di un fiume da
cui deriva il suo nome. In precedenza ha circolato in maniera silente, come
semplice ospite inoffensivo, nell’ ambito delle popolazioni di pipistrelli
dell’ africa e occasionalmente si è trasmesso ad alcuni primati che si cibavano
di frutti contaminati. I pipistrelli rappresentano il serbatoio principale,
anche se vengono sospettate altre specie come uccelli, artropodi e perfino
piante.
L’ influenza invece è una malattia che è presente nella
specie umana sin dagli albori della storia. Anche se il virus è stato isolato
solo nel 1931, la sua presenza è testimoniata dalle cronache del passato che ci
raccontano di epidemie con caratteristiche simili a quelle odierne. La prima
pandemia documentata risale al 1500.
Ebola spaventa di più in virtù della sua alta letalità.
Infatti fino al 70% dei soggetti colpiti vengono uccisi dal virus, che ha la
tendenza di sconvolgere il nostro sistema immunitario e di provocare
disfunzioni in vari organi. L’ influenza è invece accreditata di una mortalità
molto più bassa, dell’ ordine dello 0,1% dei casi. Perfino la terribile pandemia
del 1918 aveva un indice di letalità che si calcola non superiore al 2%. Sotto questo aspetto diciamo che non
c’è paragone e la sfida, se vogliamo chiamarla così, sembra essere nettamente a
favore del virus africano.
Ma vi sono molti altri aspetti che bisogna
considerare per valutare la reale pericolosità di una malattia. Ebola, come
abbiamo detto, provoca una malattia dagli effetti devastanti che dà poche
speranze a chi la contrae, ma questo risulta essere anche uno dei suoi più grossi limiti. Le ragioni del successo dei
virus, da quelli più comuni ad altri meno conosciuti, consiste nel creare un
equilibrio tra aggressore ed ospite tale da permettere al virus non solo di
replicarsi ma anche di diffondere a molti altri contatti e perpetuare così la
sua esistenza. Un virus che uccide più del 40-50% dei soggetti colpiti limita
anche grandemente la sua capacità di trasmissione, tanto più quanto maggiore
sarà la sua letalità. Possiamo paragonarlo ad un fuoco impetuoso che, una volta
che ha esaurito la materia che lo alimenta, è destinato ad estinguersi.
Un
altro limite di ebola è il fatto di essere trasmissibile solo per contatto diretto con
soggetti che manifestano la malattia in maniera sintomatica e con sintomi per
di più molto evidenti e comunque tali
da non passare inosservati. Nella fase che precede la comparsa dei sintomi o da
parte di soggetti che contraggono l’
infezione in modo silente, come può essere dimostrato a posteriori da una
positività delle indagini sierologiche, non avviene trasmissione. Tutto questo
facilita le misure di profilassi e di quarantena che, se realizzate in maniera
rigorosa, riescono ad arginare la sua propagazione.
Il virus influenzale, al contrario, è un virus che nella sua
storia millenaria si è adattato perfettamente all’ uomo. Vediamo quali sono le
caratteristiche che lo contraddistinguono rispetto ad ebola e ad altri patogeni
emergenti e ne fanno un virus vincente:
-Si trasmette da uomo a
uomo senza bisogno di utilizzare vettori animali e, grazie alla presenza nelle
goccioline sospese nell’ aria, anche a distanze di diversi metri dal soggetto
infetto.
-Il contagio avviene già
nella fase in cui il soggetto è asintomatico e inoltre una grande maggioranza
di ammalati presenta quadri lievi o del tutto inapparenti rendendolo
difficilmente contenibile mediante le tradizionali misure igieniche e di
quarantena.
-E’ in grado di diffondere
in tempi molto rapidi a livello planetario, come si è visto con il virus
pandemico H1N1.
-Pur avendo una bassa
letalità, la sua ampia diffusione comporta un bilancio globale di 4-500000
morti che si rinnova ogni anno.
-E’ ampiamente diffuso nel
regno animale, in moltissime specie, in particolare negli uccelli selvatici che
costituiscono il serbatoio principale e che con le rotte migratorie lo
veicolano a grandi distanze.
- Attraverso continui scambi tra le specie si determinano
riarrangiamenti del materiale genetico e l’ emergenza di nuovi ceppi che hanno
la potenzialità di saltare all’ uomo e di dare luogo a nuove pandemie.
Il virus ebola possiamo
raffigurarlo come un gigante di cartapesta, reso grande solo dalle nostre
debolezze e destinato a sgonfiarsi quando viene contrastato con misure efficaci
e tempestive. Il virus dell’ influenza
invece è scaltro e si mimetizza dietro un’immagine apparentemente innocua, ma in
realtà rappresenta un’ emergenza costante, che richiede un grande impegno dei
sistemi sanitari dei singoli paesi per limitarne le ricadute stagionali e degli organi di sorveglianza mondiali per
monitorarne gli imprevedibili sviluppi.
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