sabato 30 maggio 2015

Il caso Fluad e il miracolo del vaccino risorto, ma non c' è da rallegrarsi







A seguito delle segnalazioni di quattro eventi avversi gravi o fatali, verificatisi in concomitanza temporale con la somministrazione di dosi provenienti dai due lotti 142701 e 143301 del vaccino antinfluenzale FLUAD della Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l., in attesa di disporre degli elementi necessari, tra i quali l’esito degli accertamenti sui campioni già prelevati, per valutare un eventuale nesso di causalità con la somministrazione delle dosi dei due lotti del vaccino, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha disposto, a titolo esclusivamente cautelativo, il divieto di utilizzo di tali lotti.
L'AIFA invita i pazienti che abbiano in casa confezioni del vaccino FLUAD a verificare sulla confezione il numero di lotto e, se corrispondente a uno di quelli per i quali è stato disposto il divieto di utilizzo, a contattare il proprio medico per la valutazione di un'alternativa vaccinale.
L’AIFA specifica inoltre che i tre eventi ad esito fatale hanno avuto esordio entro le 48 ore dalla somministrazione delle dosi dei due lotti del vaccino.



Questo asciutto e stringato comunicato, comparso il 27-11 sul sito dell' Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), dà il via ad una vicenda dai contorni surreali destinata ad andare molto al di là della situazione contingente da cui ha preso origine. Un annuncio in sé banale e vorrei dire di routine, come ne compaiono molti sul portale quando si tratta di lanciare un allerta per possibili reazioni avverse a cui segue il sequestro cautelativo di un prodotto medicinale, ma che in genere rimane circoscritto agli ambienti strettamente coinvolti, ditte interessate, punti di vendita e medici prescrittori, in questo caso ha sollevato un polverone di cui ancora oggi si vedono qua e là nuvole sparse che indugiano sospese nell' aria. Il fatto è che il prodotto indiziato non era un ipoglicemizzante o un antiipertensivo, ma un vaccino. Sui vaccini esiste una criticità ed una suscettibilità spinti agli estremi, per cui ogni semplice cenno di qualche novità in questa materia scalda gli animi come nessun altro argomento in campo medico e scatena battaglie veementi. Figurarsi quello che poteva accadere se di mezzo ci sono dei morti, non importa se si trattava di persone ultraottuagenarie con già più di un piede nella fossa: la nota compassata del funzionario dell' AIFA, ripresa dalle agenzie di stampa, ha finito per diventare un caso su cui si sono accesi tutti i riflettori e che ha avuto una risonanza enorme. Tanto più acuti gli allarmi tanto più accese le polemiche che hanno agitato le acque di quei giorni di autunno inoltrato in cui la campagna di vaccinazione  stava volgendo stancamente al termine, in un rito che si ripete ogni anno e che trova sempre meno devoti.
 L' influenza non suscita quasi mai di per sé grandi emozioni: gli slogan di inizio stagione sono sempre gli stessi, le raccomandazioni si ripetono immutate nei toni e sono riprese con sempre meno convinzione da parte degli addetti ai lavori e la malattia spesso spaventa meno del vaccino che dovrebbe prevenirla. Del resto anche vaccini con un glorioso passato stanno subendo i contraccolpi di attacchi provenienti da più parti e di una disaffezione crescente. Sui vaccini influenzali basta poco per incrinare un' immagine già fortemente compromessa fin dai tempi della pandemia, quando si è risolta in una burla una minaccia che doveva travolgere tutto e tutti. La notizia dei lotti incriminati è sembrata il colpo di grazia che poteva affossare ogni residua credibilità del prodotto per tutti gli anni in là da venire ma, inaspettatamente, succede qualcosa che fa riacquistare prestigio al vaccino.

Arriva infatti una stagione che si dimostra una delle più severe degli ultimi anni, caratterizzata da un numero elevato di ammalati, di ricoverati e di deceduti a causa di una nuova ondata del virus H1N1 e di una variante modificata del virus H3N2. A fine stagione il numero assoluto dei casi sarà tra i più alti degli ultimi anni ( più di 6 milioni) con servizi territoriali messi alle strette e con difficoltà a reperire posti letto negli ospedali. Ma quello che crea maggiore sensazione e apprensione tra l' opinione pubblica sono le notizie che riferiscono di casi gravi e di decessi che fanno rivivere il clima della prima stagione pandemica. All' epoca, casi di questo tipo si verificavano con una certa frequenza, ma risultavano sminuiti nella loro portata per voce di solerti portavoci pubblici e annacquati sotto il peso delle polemiche sugli allarmi gonfiati. Il virus H1N1 tornò a manifestarsi in maniera sostenuta anche nella stagione successiva con diversi ricoveri in terapia intensiva e diverse giovani vittime, ma la parola d' ordine era di far dimenticare gli eccessi della stagione precedente, per cui tali notizie hanno avuto poco risalto nella stampa e nella televisione. Nelle successive due stagioni, caratterizzate dal ritorno dei classici virus stagionali, c' è stata una tregua ma il virus ha causato epidemie importanti in altre aree del pianeta, fino alla stagione 2013-14 che è stata testimone di un andamento severo prima nell' America del Sud e poi anche in quella del Nord e, in Europa, nella penisola iberica. 
Questi  segnali di un virus ancora rampante avrebbero dovuto invitare a mantenere ancora alta l' attenzione, ma non sono stati considerati.
Alle prime notizie dei casi gravi che interessavano persone di età non avanzata, alcuni trasferiti d' urgenza presso i centri di cura specializzati nell'ECMO, l' opinione pubblica ha dato segnali di inquietudine e ha cominciato ad interrogarsi sulle ragioni per cui un virus, che era stato declassato dopo gli eventi della pandemia, tornasse a colpire in maniera così severa persone che normalmente non subiscono gravi conseguenze per una malattia considerata “banale”. I nostri vertici sanitari e i nostri esperti si sono trovati a corto di argomenti per giustificare un andamento che ha sorpreso loro per primi ( anche se le premesse in realtà c' erano …) e che sconfessava le tesi, reiterate in più occasioni, del virus come variante innocua dei cugini stagionali.

A questo punto si verifica il  miracolo, grazie al caso Fluad: come Gesù aveva prodotto la moltiplicazione dei pani e dei pesci, così si verifica una lievitazione soprannaturale dei soggetti non vaccinati che fornirà la ciambella di salvataggio a cui si aggrappano in tanti per evitare di dover rispondere e di assumersi in qualche modo delle responsabilità. Ed ecco che la stagione difficile non era dovuta al ritorno tambureggiante del virus H1N1 in sinergia con il ceppo H3N2 presentatosi in veste mutata, in un' azione a tenaglia che non poteva non avere delle conseguenze drammatiche, specie in una popolazione storicamente restia alla vaccinazione quale quella italiana. Nossignori, la stagione sarebbe stata affatto normale, se non fosse stato per tanti ingenui che hanno abboccato alle dicerie fasulle ( che ricordo avevano il marchio AIFA) amplificate dalla stampa.



Il clamore suscitato dallo scandalo Fluad è stato certamente grande e i suoi effetti avrebbero potuto essere devastanti se si fosse verificato all' inizio della campagna, ma a fine novembre gran parte dei giochi sono già fatti e non sembra logico aspettarsi conseguenze significative. Tanto più che con il trend negativo degli ultimi anni, le percentuali di coperture sono molto basse, con poco più del 50% degli anziani che si sono vaccinati l' anno precedente ( rispetto ad un target del 75%) e livelli sempre più appiattiti verso un misero 10% nei soggetti a rischio al di sotto dei 65 anni, lasciando un barile con scaso materiale da raschiare sul fondo. Ma la realtà viene ribaltata, vediamo in che modo.

La riscossa del vaccino influenzale 

 L' evento cardine è la pubblicazione, ai primi di dicembre, di articoli che danno grande risalto a dei sondaggi tra medici aderenti ad alcune sigle sindacali come SMI e FIMMG, che parlano di fughe di massa delle persone ancora in lista e di un crollo complessivo del 30%, corrispondente a ca 2 milioni di vaccinati in meno. Sono semplici stime basate su un campione ridotto di medici, non basate quindi su dati oggettivi, smentite tra l' altro da valutazioni fatte in seguito sulla base di numeri reali, che riportano cali dell' 8-10%. Ma quelle stime sono destinate a diventare verità incrollabili come neppure i sacri vangeli.

 L' argomento passa poi in secondo piano fino agli inizi di gennaio, quando comincia a manifestarsi in maniera sostenuta l' epidemia di influenza, che presto dilaga facendo registrare i primi casi gravi e fatali. A quel punto il crollo delle vaccinazioni diventa il leitmotiv della campagna (dis)informativa delle nostre autorità e dei vari esperti di volta in volta interpellati. 
Di fronte alle prime situazioni di affollamento degli ospedali ecco che i manager di turno tirano fuori dal cappello il calo del 30%. 
Numeri importanti ( 4 volte superiori a quelli di precedenti stagioni) e primi decessi in Veneto si giustificano, secondo l' assessore alla salute, con la vicenda Fluad, anche se ha il buon senso di citare la presenza di virus più severi.
  Nelle Marche invece unico responsabile è il caso Fluad, così pure in Puglia a Brindisi  e in molte altre località.
Tanti anziani ricoverati ed ecco saltare fuori magicamente il calo del 30%, per bocca del responsabile del dipartimento di geriatria a Roma, anche se dovrebbe sapere che gli anziani vengono colpiti di più dal virus H3N2, che quest' anno è coperto in misura molto ridotta dal vaccino.

In Friuli, dove si sono verificati dei ricoveri in terapia intensiva, un infettivologo ci spiega che  la maggiore aggressività del virus è dovuta al clima e al calo della vaccinazioni.
 Curiosamente a Varese hanno in mano le cifre reali che parlano di un calo di appena il 4%, ma ciò nonostante si parla di drastica battuta di arresto della campagna vaccinale.  Anche l' aumento di casi gravi nei bambini è da imputare al calo delle vaccinazioni, che sarebbe addirittura del 25% in questa fascia di età, secondo il responsabile di pediatria del Bambin Gesù di Roma. Qualcuno dovrebbe informarlo che in Italia i bambini hanno storicamente percentuali di copertura infinitesimali. 

Muore una bambina a Padova e la responsabilità è sempre del caso Fluad.

Più donne incinta a rischio a causa del Fluad secondo il segretario generale del Collegio italiano di medicina materno-fetale ma, viene da chiedersi, quanti aderenti alla sua associazione hanno consigliato la vaccinazione a questa categoria particolarmente esposta?

Non 2 ma 3 milioni di italiani vaccinati in meno è il terrificante annuncio fatto da un cattedratico in occasione di un convegno della SITI, pari a più del 40% di persone che avrebbero rinunciato a proteggersi rispetto all' anno precedente. 

Chi sono i veri responsabili della situazione, le autorità che non hanno messo sull' avviso, i medici che sono stati tiepidi sostenitori? Macchè, responsabili sono le vittime dell' influenza che hanno rinunciato a vaccinarsi a causa dei presunti morti per il caso Fluad, secondo l' illuminato parere di un esperto del Mario Negri di Milano

Ma se la gente non si vaccina non sarà anche a causa dei messaggi che vengono lanciati dai vertici delle nostre istituzioni sanitarie che, come in precedenti occasioni, anche in quest' ultima fanno dichiarazioni  rassicuranti in cui viene ridimensionato il numero di casi gravi, sostenendo che sono in linea con gli anni precedenti ( leggi al proposito questo mio articolo) e che dobbiamo ritenerci “fortunati” perché il virus H1N1 non è mutato , mentre deve preoccupare di più la variante americana del virus H3N2  e  si associano al coro generale deplorando il calo del 20-30% delle vaccinazioni ?

Siamo a stagione conclusa e un minimo di buon senso dovrebbe invitare ad essere prudenti nelle dichiarazioni e ad aspettare l' uscita imminente dei dati veri sull' entità del calo, ma il Commissario Straordinario dell' ISS a metà di aprile se ne esce con affermazioni shock su centinaia di decessi in più rispetto allo scorso anno da attribuire al caso Fluad. 


Alla fine escono i dati reali, che dimostrano come ci sia stata si una riduzione, ma molto più contenuta rispetto alle cifre sopra menzionate:
negli anziani si è passati da un 55,4% al 49% ( un calo del 11,6%) e nella popolazione generale dal 15,6 al 13,6 % (- 13%), con arretramenti non dissimili rispetto a quelli registrati negli anni successivi al 2009, a significare una precedente progressiva disaffezione della popolazione nei confronti del vaccini, questo si un dato veramente allarmante. Siamo pertanto ben lontani da cifre spropositate che sono state considerate attendibili dai vari attori della scena sanitaria italiana solo grazie ad un meccanismo per cui più una voce viene ripetuta più acquista autenticità, senza che si sia cercato di riflettere sulla fondatezza della notizia. Ma tale amplificazione è servita a dare una comoda sponda per evitare di spiegare le vere ragioni della stagione severa che abbiamo attraversato. La causa principale è stata la forza dei due virus in campo, in particolare del virus pandemico, che non è diventato un virus stagionale solo perché la pandemia è stata dichiarata conclusa nell' estate del 2010 e che ha continuato in tutti questi anni e in varie parti del mondo a colpire pesantemente le categorie più esposte, in particolare i giovani adulti e le donne in stato di gravidanza. E' mancata in tutti questi anni una seria campagna di informazione che mettesse in guardia questi soggetti nei confronti del virus, ma più in generale è mancata una sensibilizzazione della società nel suo insieme, a partire dai rappresentanti della classe medica, sulle importanti ricadute della malattia influenzale, che non possono essere considerate un problema solo per categorie svantaggiate della popolazione, su cui vanno fatte ricadere le colpe di stagioni negative come quest' ultima. A loro carico oltre il danno anche la beffa di essere accusati di sottostare a paure e pregiudizi, quando da parte di coloro che dovrebbero incoraggiarli viene a mancare l' esempio ( troppi medici che non si vaccinano), la conoscenza e la convinzione nelle proposte.


Qualcuno vorrà vedere anche un lato positivo della vicenda. Grazie al caso Fluad i vaccini per l' influenza sono stati talmente esaltati nel corso della stagione che sono risorti come un Lazzaro dei nostri tempi e hanno conquistato uno splendore che mai avevano avuto in precedenza. Probabilmente molti saranno spinti a vaccinarsi nel corso della prossima stagione e le curve potranno segnare un' inversione di tendenza, ma si tratterà di una festa di breve durata in quanto basata su postulati non veritieri  che non vanno alla radice dei gravi problemi della nostra sanità pubblica e non colmano i ritardi nella nostra preparazione a gestire le emergenze presenti e future. Se non cambia qualcosa nei prossimi anni, il Lazzaro risorto è destinato a tornare nella tomba.










domenica 17 maggio 2015

Cambiamenti globali e rischi per la salute: l' emergenza delle malattie infettive





Viviamo in un mondo caratterizzato da grandi disuguaglianze in cui meno del 20% della popolazione mondiale detiene più dell' 80% delle ricchezze globali, con aree in cui le nuove tecnologie ed il progresso hanno permesso di raggiungere standard elevati di vita ed altre che sono ancora lontane dal raggiungere traguardi minimi non solo di benessere ma anche di sopravvivenza. E' un mondo sempre più interconnesso grazie ai mezzi di comunicazione e ai trasporti che permettono a persone e merci di viaggiare ad una velocità e in quantità senza precedenti ma in cui larghi strati della popolazione dipendono ancora da un' economia basata su sistemi primitivi di produzione e scambio. E' un mondo in cui, grazie all' aumento dell' utilizzo delle risorse materiali disponibili, sono notevolmente migliorate le condizioni di vita per strati crescenti della popolazione, ma è anche un mondo in cui sono enormemente aumentati i rischi per la vita e la salute derivanti da un mancato rispetto degli equilibri tra l' uomo e l' ambiente naturale che lo circonda e dal massiccio e indiscriminato sfruttamento di aria, acqua e suolo.

I cambiamenti indotti da una crescita non sostenibile hanno portato a importanti ripercussioni sull' ambiente  che, a loro volta, sono all' origine di fenomeni che preoccupano non poco per l' avvenire delle generazioni future quali l' aumento dell' anidride carbonica nell' atmosfera, l' innalzamento delle temperature, la desertificazione crescente, lo scioglimento dei ghiacciai e l' innalzamento dei mari, lo sconvolgimento del clima con un aumento esponenziale di eventi climatici estremi. Meno considerate ma ugualmente importanti sono le conseguenze sul piano della salute, con un crescente numero di minacce, a cominciare da quelle derivanti dall' inquinamento dell' ambiente e da errati stili di vita fino alle emergenze degli ultimi anni per il susseguirsi di malattie infettive vecchie e nuove.



Non più di 50 anni fa era credenza diffusa che la battaglia dell' uomo nei confronti delle malattie infettive fosse prossima ad una conclusione vittoriosa, grazie ai progressi delle conoscenze, alla migliore igiene e al perfezionamento degli strumenti farmacologici, ma questa si è rivelata un' illusione. Molte nuove malattie sono comparse all' orizzonte e altre che sembravano sulla via del declino stanno rialzando la testa e ponendo una minaccia che si estende anche al di là dei tradizionali bacini di diffusione. Globalmente le malattie infettive rappresentano la causa principale di morte nei paesi del terzo mondo, ma mantengono un ruolo importante anche nei paesi occidentali, tra cui l' Italia.

Per malattia infettiva si intende una malattia che è in grado di produrre un danno nell' organismo ospite e che si diffonde ad altri individui, sia direttamente sia tramite la presenza di animali vettori. I microorganismi in grado di provocare malattia sono chiamati patogeni. Veri patogeni sono quelli che causano un danno in ogni ospite potenzialmente suscettibile, mentre sono definiti opportunistici quelli che solo occasionalmente sono causa di problemi in soggetti sani. I termini “infezione” e “malattia” non sono sinonimi, in quanto il primo si riferisce alla crescita del microorganismo nei tessuti dell' ospite mentre il secondo al danno che ne può, non necessariamente, conseguire. Ci sono agenti infettivi molto contagiosi ma che raramente causano malattia (come il virus della polio) e altri che sono terribilmente virulenti, ma non altrettanto contagiosi ( ad esempio il virus ebola). I patogeni più temibili sono quelli che sono sia molto contagiosi sia molto virulenti. Ci sono 5 tipi maggiori di agenti infettivi: batteri, virus, funghi, protozoi ed elminti. La branchia della medicina che si occupa dell' impatto sulla popolazione delle malattie , in particolare di quelle infettive, ma anche di natura tumorale, degenerativa e ambientale, si chiama epidemiologia. Il suo scopo è quello di prevenire o minimizzare l' impatto delle malattie, individuando i fattori che ne favoriscono e ostacolano la diffusione. In alcune circostanze gli epidemiologi sono dei detectives che si occupano di scoprire le cause di una nuova malattia e di individuarne i serbatoi naturali e le vie di trasmissione. Per serbatoi ci si riferisce all' ambito in cui il microorganismo è in grado di vivere e di riprodursi: per esempio l' uomo è l' unico serbatoio del morbillo, che non è in grado di infettare altre specie. Il maggiore serbatoio della Yersinia Pestis sono invece i roditori. Ci sono anche serbatoi non viventi, come il suolo per i funghi o il bacillo del tetano. Gli agenti infettivi si trasmettono per contatto diretto o indiretto. Il contatto diretto avviene quando un individuo si infetta mediante contatto con un serbatoio della malattia, per esempio toccando una persona infetta, ingerendo carne infetta o venendo morso da animali vettori. La trasmissione diretta può avvenire anche mediante l' inalazione di particelle emesse nell' ambiente con i colpi di tosse o gli starnuti o mediante rapporti sessuali. La trasmissione indiretta si verifica quando un microorganismo può sopravvivere nell' ambiente, al di fuori dell' animale che lo ospita abitualmente, per un lungo periodo di tempo prima di trasmettersi ad un altro individuo. Un esempio significativo sono le malattie a trasmissione oro-fecale come le gastroenteriti.

Fondamentali nel controllo delle malattie sono quelle misure che hanno l' obiettivo di eliminare gli agenti infettivi dai loro serbatoi e dalle loro catene di trasmissione, mediante il trattamento delle acque potabili, delle acque reflue, la sicurezza alimentare, i controlli veterinari e i programmi di vaccinazione.

Un' arma importante di contrasto è rappresentata dai farmaci antimicrobici, che hanno avuto un ruolo determinante nel ridurre l' impatto e la diffusione delle malattie ma che oggi si trovano a dover far fronte al fenomeno sempre più preoccupante delle resistenze. Già Fleming, lo scopritore della penicillina, aveva osservato che alcuni batteri si dimostravano resistenti alla molecola e aveva messo in guardia nei confronti di un uso indiscriminato di questi farmaci. Nel 1946 si stimava che il 14% dei ceppi di stafilococchi fossero resistenti alla penicillina, oggi lo sono il 90%.



In questi ultimi anni gli scienziati hanno lanciato un allarme  per la crescente minaccia rappresentata da malattie emergenti e ri-emergenti. Nel 2010 si contavano già 45 nuove malattie che nelle precedenti due decadi erano passate dall' animale all' uomo, ed erano ancora in là da venire  il Mers-Coronavirus e il virus aviario H7N9 che negli ultimi 2 anni hanno causato centinaia di casi umani e una percentuale significativa di vittime.

Dal 1980 ad oggi si è verificato un aumento costante del numero di epidemie legate ad agenti infettivi a livello mondiale. La salmonella e l' influenza guidano la classifica. Nel 65% dei casi si tratta di zoonosi, cioè di malattie trasmesse da animali, come la dengue dalle zanzare o l' ebola dai pipistrelli.
E' questo il risultato dell' analisi del GIDEON ( Global Infectious Disease and Epidemiology Online Network),  che contempla 44 milioni di infezioni in 219 paesi tra il 1980 e il 2013.
Tra il 1980 e il 1985 ci sono state meno di 1000 epidemie, mentra tra il 2000 e il 2005 il numero è stato di quasi 3000. C' è stato sicuramente un' aumento legato ad una maggiore sorveglianza e condivisione delle informazioni, ma anche tenendo conto di questi fattori l' aumento in 33 anni risulta essere consistente. C' è anche una nota positiva: si è osservata una tendenza ad un numero inferiore di soggetti colpiti, probabilmente per merito di un miglioramento delle strategie di prevenzione e di trattamento.

Dal 2000 al 2010 le più comuni infezioni trasmesse dagli animali all' uomo sono state:

1) Salmonella
2) E. coli
3) influenza A
4) epatite A
5) antrace
6) dengue
7) shigellosi
8) tuberculosi
9) chikungunya
10) trichinosi


Altre infezioni come quella da campylobacter, epatite E, criptosporidiosi sono uscite dalla top ten.
Tra le infezioni specifiche dell' uomo la classifica è la seguente:

1) gastroenterite
2) colera
3) morbillo
4) enterovirus
5) meningite batterica
6) legionellosi
7) febbre tifoidea
8) rotavirus
9) parotite
10) pertosse




Per malattie emergenti ci si riferisce a malattie che non si sono mai manifestate in precedenza o che in precedenza hanno interessato solo piccoli gruppi di persone in luoghi circoscritti ( aids, ebola). Malattie riemergenti sono invece quelle che erano in passato un problema importante di salute pubblica a livello globale o di singoli paesi, che successivamente hanno perso terreno ma che poi l' hanno riguadagnato per una proporzione significativa della popolazione ( malaria, tubercolosi).

Tra le cause dell' aumento consistente di incidenza di malattie ci sono certamente fattori correlati ai patogeni, come la capacità di adattamento e di acquisire resistenza ai farmaci ( tubercolosi, malaria), da cui discendono una maggiore difficoltà nel trattare le malattie e la necessità di ricorrere a farmaci più costosi e con maggiori effetti collaterali, anche se una responsabilità importante ricade sull' uomo per un uso sconsiderato di questi importanti presidi. Ma all' uomo e alla sua perniciosa influenza sull' ambiente va ricondotta la motivazione principale delle sempre nuove minacce che ci troviamo ad affrontare. Ci sono, per iniziare, fattori legati ai comportamenti come l' utilizzo di droghe e di pratiche sessuali non protette che hanno favorito malattie come l' HIV, la sifilide e la gonorrea, i cambiamenti nelle tecniche dell' agricoltura e nella lavorazione dei cibi ( E.coli), la maggiore frequenza dei viaggi internazionali ( influenza, sars). Fattori demografici, come l' urbanizzazione in città densamente popolate o lo spostamento verso aree precedentemente non abitate alla ricerca di nuovi insediamenti e fonti di cibo o gli spostamenti di masse a causa di eventi climatici estremi o di conflitti, possono favorire da una parte l' acquisizione di nuove malattie ( zoonosi) e dall' altra la loro diffusione. L' utilizzo di sistemi di allevamento intensivo di animali e il trasporto e commercio di prodotti per il consumo, se non sono associati a rigorosi controlli veterinari e a sistemi moderni di gestione di tutta la filiera, si associano al rischio di diffusione di ceppi patogeni nell' ambito degli animali stessi e da questi all' uomo: in Cina l' aumento della popolazione e del consumo di prodotti avicoli ha portato ad una crescita esponenziale del numero di oche e polli, il cui commercio viene però gestito con i sistemi tradizionali di vendita di animali vivi nei mercati cittadini, pratica che si ritiene essere la maggiore responsabile dei casi umani di influenza H7N9. Fattori climatici, come l' aumento delle temperature e delle precipitazioni, sono responsabili di catastrofi naturali e fanno si che si allarghi il bacino di malattie prima confinate ai paesi di area tropicale o sub-tropicale ( malattia del Nilo, chikungunya). Infine, la persistenza nel pianeta di ampie sacche di povertà, di analfabetismo e di carenze infrastrutturali predispone alle epidemie di malattie facilmente controllabili secondo i nostri standard, la cui gestione è resa maggiormente complicata a causa della resistenza o dell' aperto rifiuto di interventi sanitari da parte delle popolazioni coinvolte. E' stato questo il caso della recente epidemia di ebola che è costata un enorme sforzo della comunità internazionale, purtroppo deciso con grande ritardo, per riuscire a contenerla.



Il fatto che ci sia una maggiore consapevolezza di queste problematiche è certamente positivo, ma la sfida per i prossimi anni sarà data dalla necessità di potenziare gli strumenti di sorveglianza e di prevenzione a livello globale per poter identificare e gestire nel miglior modo e in tempi più rapidi la attuali e le future emergenze ma soprattutto di ripensare allo sviluppo del nostro pianeta in termini di maggiore sostenibilità e di eguaglianza nella distribuzione delle risorse.




























sabato 9 maggio 2015

Stagione 2014-15: niente di nuovo sul fronte influenzale





Si è praticamente conclusa la stagione influenzale, con i dati e i grafici che mostrano una discesa dei vari indici al di sotto delle soglie di allerta. Nell' ultimo bollettino i valori relativi all'incidenza delle ILI sono scesi al di sotto del 2 x 1000 nella popolazione pediatrica, ad indicare un livello di circolazione molto basso che segna la fine dell'attuale stagione, anche se va tenuto presente che i virus influenzali non ci lasciano del tutto, perché una minima circolazione si registra anche in altri periodi dell'anno. All'inizio della stagione abbiamo riportato le previsioni su quello che si sarebbe verificato e l' attesa era in generale per un periodo senza grandi scosse. Non è stato proprio così, come abbiamo già discusso a gennaio sulla base delle prime settimane in cui si è assistito ad un ritorno impetuoso quanto inaspettato del virus H1N1, proprio quello della pandemia prima gonfiata e poi derubricata a semplice variante delle epidemie tradizionali. Ma in realtà non era un virus stagionale quello del 2009 come non lo è stato nel corso della stagione successiva e, a ribadirlo nuovamente, non è stato così neppure in questo – ultimo? - colpo di coda.
 Le prime notizie giungono dalle cronache dei giornali, che nel Veneto e in Puglia hanno cominciato a segnalare diversi casi gravi che colpivano persone non proprio attempate e con forme di severità tali da determinarne il ricovero in unità di terapia intensiva e, nei casi più gravi, il trasferimento presso centri di cura specialistica che dispongono di macchinari salvavita, l'ECMO, un tempo sconosciuto e adesso, meraviglie dell' evoluzione della lingua, parte del nostro lessico quotidiano ...! A partire dalla 3a settimana del 2015 è iniziata, a cura della testata Epicentro, la pubblicazione del bollettino ufficiale relativo alle segnalazioni dei casi gravi e dei decessi che progressivamente affluiscono da tutta Italia, così come avviene già da tempo nella maggior parte dei paesi europei, in America e in diverse altre parti del globo. La rubrica si chiama Flunews e fornisce in un unico documento i resoconti sul numero di ILI, sugli accesi al pronto soccorso e sulla raccolta dei casi gravi, che in base ad una direttiva europea fatta propria dal nostro ministero e diramata presso tutti i centri ospedalieri, devono essere segnalati alla nostra sede istituzionale. Lo scopo è quello di monitorare quadri che sono tipici, anche se non esclusivi, di un virus maggiormente aggressivo nei confronti di persone che non sono normalmente vittime dei classici virus influenzali, vale a dire i soggetti di età tra i 40 e i 60 anni, più spesso con ma anche senza fattori di rischio. E' questa un'informazione fondamentale che dovrebbe servire non solo agli amministratori della salute per decidere un impiego razionale delle risorse umane e materiali per gestire al meglio le situazioni critiche e mettere eventualmente in campo misure straordinarie a livello di organizzazione sanitaria ma anche a rendere consapevole l'opinione pubblica sui rischi connessi alla malattia e sulle misure da prendere per garantirsi una migliore protezione individuale. I casi, settimana dopo settimana, sono saliti come una marea montante che non si sapeva fin dove sarebbe potuta arrivare. C'era da allarmarsi? No, calmi tutti, non c'è nulla di nuovo...

In Italia l' influenza è sinonimo solo di un malanno di stagione che si limita ad affollare gli studi dei medici ma che non rappresenta un vero pericolo se non per le persone affette da gravi patologie antecedenti, vale a dire per quelli con un piede già nella fossa. Se nei giornali ci si riferisce a qualche malcapitato finito in rianimazione o peggio ancora deceduto in conseguenza dell' infezione, il titolo spesso riporta soggetto gravemente malato per “quella che sembrava (!) una banale (!!) influenza”. L' influenza, di per sé, non può essere cattiva. Purtroppo ad alimentare questa visione superficiale è spesso l'informazione di stampo ufficiale, che tende a minimizzare quelli che sono i rischi reali, con lo scopo di non allarmare eccessivamente la popolazione, ma con il risultato che viene meno la presa di coscienza di quali siano i veri pericoli. Nella letteratura scientifica di impronta anglosassone, in particolare americana, già dagli anni 60-70 sono fioriti diversi studi che hanno messo in luce le ricadute della malattia, che vanno ben oltre gli effetti che noi vediamo in superficie e che riteniamo essere gli unici a caratterizzare le manifestazioni della patologia e che si estrinsecano in quadri, quali patologie settiche-invasive ( polmoniti complicate – meningiti), cardiologiche ( ictus e infarti) morti improvvise e fulminanti, che mascherano la reale causa che li ha determinati, a cui si riesce a risalire grazie a studi che inizialmente erano solo di tipo epidemiologico e statistico ma che in questi ultimi anni stanno ricevendo sempre più riscontri di tipo clinico e patogenetico. Il virus H1N1 ha dato una sua impronta peculiare alle epidemie di questi ultimi anni, dimostrandosi estremamente pericoloso per categorie di persone che normalmente vengono solo marginalmente interessate dalla malattia e che avrebbero dovuto essere oggetto di campagne mirate di informazione. Ma purtroppo non è stato così. Così come è avvenuto nel corso delle prime stagioni pandemiche, anche in quest'ultima le dichiarazioni ufficiali hanno cercato di sminuire la portata degli avvenimenti, sostenendo il messaggio di una stagione “non dissimile” rispetto alle precedenti... più avanti analizziamo su che cosa si è basato questo assunto.

Nelle ultime settimane l' attenzione nei confronti di questo tema è notevolmente scemata, come è tradizione che avvenga da noi. Le emergenze fanno notizia fintanto che non vengono lasciate alle spalle, superate magari da altre emergenze, come quella relativa ai casi di meningite in Toscana, senza che se ne tragga una lezione che possa servire per il futuro.

Qualche indicazione dovrebbe venire dai bilanci di fine stagione, ma chi si aspetta di avere una disanima di quanto successo e delle indicazioni sulle strade future da intraprendere, è destinato a restare deluso. Sul sito di Epicentro è uscito un articolo di commento sull'andamento della stagione, a cura del dott. Antonino Bella del reparto Epidemiologia delle malattie infettive, Cnesps-Iss. L' articolo è stato rilanciato da qualche testata giornalistica, come ad esempio sul sito Wired che lo fa con un titolo certamente di effetto - è finita una delle peggiori epidemie degli ultimi anni - ma che appare poco in sintonia con il contenuto che viene proposto. Anzichè fornire un approfondimento su quelle che sono state le effettive ripercussioni sul piano della sanità pubblica dell'epidemia di quest'anno e su quali siano state le reali cause che hanno portato a questa situazione, ci si limita a snocciolare una serie di cifre che sono ben lungi da dare ad un lettore non smaliziato la misura di una stagione così grave e che non possono riflettere la gravità di una stagione contraddistinta da un elevato carico per le nostre strutture sanitarie, in molti casi messe alle corde da un vero e proprio assalto di ammalati e costrette a cercare soluzioni improvvisate per il reperimento di posti letto e dall'impatto drammatico sulla vita delle persone e delle loro famiglie. Lo scopo della divulgazione di argomenti di interesse pubblico, tra cui rientrano a pieno diritto quelli di ambito sanitario, dovrebbe  essere quello di fornire un' informazione corretta, trasparente, non allarmistica ma neppure reticente su argomenti che riguardano beni primari come quelli relativi alla salute, senza usare un linguaggio eccessivamente tecnico ma anche senza omettere tutti gli elementi utili a stimolare un momento di riflessione che può indirizzare verso scelte giuste per il domani. Purtroppo, nel caso dell'influenza, questo avviene raramente.


Nel documento citato si parte con il numero assoluto di casi che, ci viene detto, è stato pari a 6, 3 milioni. Si tratta di un dato certamente significativo, anche se andrebbe in realtà specificato che non tutti sono dovuti all' influenza perché, sotto la generica dicitura di ILI, si possono nascondere quadri di diversa eziologia, ma l'influenza ne rappresenta una quota significativa. Lo si ricava dai dati di sorveglianza virologica che documentano come quest'anno la percentuale di tamponi positivi sia risultata molto elevata, con un picco del 49,6% alla 6a settimana di picco e al di sopra del 30% per 8 settimane consecutive. Va anche tenuto presente che molti casi sfuggono a questo tipo di sorveglianza, perché una parte consistente o è asintomatica o ha sintomi non così gravi da richiedere un consulto medico, ma contribuiscono a mantenere alti i livelli di virus circolanti e ad allargare il rischio per i soggetti più esposti a complicazioni. Numeri così elevati non si registravano dal 2010-11, che è stata un' altra stagione dominata dal virus H1N1, superati come entità solo dalla prima stagione pandemica e dalla stagione 2004-05.

Quello che si è verificato quest'anno e che le nude cifre non riescono ad esprimere è una morsa micidiale tra i due virus che stanno dominando le ultime stagioni, con un virus H3N2 in veste rinnovata e non coperto dal vaccino proposto quest'anno e che in varie parti del mondo, quelle in cui almeno esiste una sorveglianza degna di questo nome, ha dimostrato di avere un impatto notevole sulla popolazione anziana e il virus H1N1 che mantiene pressoché immutata, pur a distanza di 5 anni, la sua pericolosità nei riguardi dei soggetti più giovani, soprattutto quelli della fascia tra i 40 e i 60 anni.

Il virus prevalente in Italia è stato proprio quest' ultimo, soprattutto nella prima parte della stagione e più in alcune regioni rispetto ad altre. Veneto, Friuli, Trentino, Toscana, Puglia sono le regioni che hanno visto una percentuale maggiore di presenza del virus pandemico, mentre in altre regioni, come Liguria, Piemonte, Lazio, Sardegna  c'è stata una prevalenza del virus H3N2, che ha caratterizzato maggiormente la seconda parte della stagione. Verso la fine, come è ormai tradizione, ha fatto capolino il virus B, isolato in  percentuale significativa nel Lazio e nell'Umbria.
 Ma l'aspetto saliente della stagione sono i casi gravi e i decessi registrati ufficialmente, che vengono riportati nell' articolo su Wired, ma senza ricevere il risalto che meriterebbero. A parte l' errore di trascrizione, in realtà non sono stati 485 e 165 ma  648 e 163, 
viene omessa l' informazione fondamentale su quanti siano da attribuire all' uno e all' altro virus, facendo un minestrone che finisce per annacquare quello che è stato l'elemento maggiormente caratterizzante della stagione. E' stato il virus pandemico il principale responsabile del gran numero di casi gravi e dei decessi registrati quest' anno: all' incirca l' 80% dei primi e il 75% dei secondi sono da attribuire al virus H1N1, mentre una quota nettamente inferiore è dovuta al virus H3N2 e al virus B. Per comprendere in maniera chiara la portata di questi numeri bisogna fare un confronto con quello che è successo nelle stagioni precedenti. Giunge a proposito la pubblicazione del settimanale Flunews che nel 2014, sia pure con notevole ritardo, ha iniziato a rendere pubblici questi dati e, se facciamo un confronto con il bilancio di casi gravi e decessi riportati a fine stagione, abbiamo la misura di quanto sia stata effettivamente severa quella appena terminata. Alla 17a settimana  del 2014, che corrisponde come numerazione all' ultimo bollettino di quest' anno, i casi gravi sono stati 93 e i decessi 16. L' aumento è stato del 700 e del 1000% rispettivamente. I casi gravi non si riferiscono  a  broncopolmoniti che si risolvono con dieci giorni di antibiotico ma, come riportato nella circolare  che il ministero invia ogni anno ai centri periferici, a quei pazienti con quadri di gravi infezioni respiratorie acute (SARI) o sindromi di distress respiratorio acuto (ARDS) che richiedono trattamento in terapia intensiva (UTI) o che vengono sottoposti a circolazione extracorporea (ECMO). Teniamo presente che al di là dei numeri ci sono drammi di persone, comprese le loro famiglie, che mai avrebbero creduto di dover soccombere ad una “banale” influenza. Va inoltre considerato che i decessi rappresentano solo la punta dell'iceberg rispetto a quelli che effettivamente si verificano, perchè molte morti sfuggono al riconoscimento e vengono attribuite ad altre cause. Quelle di quest'anno sono cifre importanti che dovrebbero essere messe in risalto e che dovrebbero spingere a delle serie riflessioni su che cosa è mancato in termini di preparazione e su quali lezioni si possano trarre per il futuro. Si è puntato invece al messaggio di una stagione normale, “non dissimile” rispetto alle precedenti e vediamo adesso con quale espediente.



Nei primi bollettini di Flunews pubblicati a partire dalla settimana n. 4 del 2015 veniva dichiarato che “ l'andamento di casi gravi e di decessi ...appare del tutto sovrapponibile a quanto osservato nelle stagioni precedenti, con molte similitudini con la stagione post-pandemica 2010-11”. Questo ritornello, con lievi varianti, è stato ripetuto fino all'ultimo bollettino. Quello che non viene reso esplicito è che la stagione 2010-11 non è stata una delle tante stagioni di influenza che si alternano nel corso degli anni con un andamento più o meno severo, ma è stata fortemente condizionata da un' ondata severa di influenza H1N1, per certi aspetti superiore alla prima stagione pandemica, con un bilancio di malati critici e di casi fatali che è risultato elevato, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali di inizio stagione che avevano preconizzato un “ritorno alla normalità” e dei maldestri tentativi di minimizzare la portata degli eventi. Il virus H1N1 non è mai stato e non è neppure oggi una semplice variante dei virus stagionali poiché determina quadri clinici e colpisce fasce di persone molto diversi rispetto al virus H3N2 o al virus B. Non si può parlare degli avvenimenti epidemiologici di questi ultimi anni senza tenere presente questo aspetto fondamentale: durante le normali epidemie di virus stagionali, quelle che si sono susseguite fino al 2008, quasi mai si erano verificati casi di questa gravità in soggetti giovani, quasi mai si era sentito parlare di ECMO, quasi mai di giovani donne gravide ridotte in fin di vita da un “innocuo” virus influenzale, quasi mai di bambini deceduti con forme fulminanti. Dire che questa stagione è in linea con le precedenti è come affermare che la mortalità che si registra in tempo di guerra è uguale alla mortalità del tempo di pace. Se in quello che si definisce un tempo di pace muoiono tanti soggetti giovani quanti morivano durante il periodo di guerra significa che in realtà la guerra non è finita, nonostante le dichiarazioni contrarie della narrativa ufficiale. Di più, si vuole far credere che la guerra non sia mai  iniziata e, a riprova di questa tesi, si confrontano i decessi di quest'anno non con gli anni di vera pace ma con quelli di un periodo in cui imperversava sempre il virus H1N1. E tutto questo  per giustificare la mancata assunzione di responsabilità nei confronti dei tanti caduti di questa guerra mai dichiarata, la cui colpe devono ricadere non in chi li ha esposti alle insidie del nemico senza avvisarli del pericolo che correvano ma nelle stesse vittime ignare, ree di non aver dato retta alle generiche raccomandazioni di circostanza che un comandante rivolge ad una recluta che parte per quella che crede una normale esercitazione militare e che si ritroverà ad essere invece in prima linea sul fronte....

E così nell' articolo di Wired, dopo aver presentato una serie di dati che poco possono dire se estrapolati dal loro contesto, si arriva alla conclusione, corroborata dal parere degli esperti, che quest'annata terribile sia solo il risultato di un aumento dell' incidenza  nei soggetti anziani a rischio e della scarsa fiducia nella vaccinazione.

Ma non diamo la colpa al giornalista di Wired o a quelli di altre testate se la confusione sull'argomento regna sovrana.