Le cronache di questi giorni hanno riportato in primo piano
le notizie relative a casi di influenza aviaria, dall’ epidemia di H5N8 negli
allevamenti avicoli olandesi e inglesi, ai nuovi casi umani di influenza H7n9 in Cina fino al mai domo
H5N1, responsabile di 2 morti in Egitto. E' ovvio che la sovrapposizione di
questi episodi è puramente casuale, ma viene comunque da interrogarsi su cosa
stia dietro queste emergenze che si rinnovano a ritmi incalzanti.
I focolai
europei di influenza H5N8 fanno seguito a quelli verificatisi in Germania. Il virus H5N8 è stato isolato per la
prima volta in Irlanda nel 1983 e, dopo sporadiche apparizioni negli Stati
Uniti e in Asia, si è ripresentato a partire del 2010 sotto una nuova veste,
grazie al riassortimento con altri virus di tipo H5. A gennaio di quest’ anno,
ha determinato un’ estesa epidemia negli allevamenti di pollame della Corea del
Sud ed è stato segnalato in Giappone e in Cina. Il ceppo risulta essere il
medesimo che ha causato i focolai in Europa. Al momento non sembrano esserci rischi per la popolazione, tuttavia è inquietante la rapidità
con cui ceppi di recente insorgenza si siano diffusi dall’ Asia all’ Europa. Una parte della responsabilità è legata ai traffici internazionali di
volatili, ma il ruolo sicuramente maggiore è giocato dalle rotte migratorie
degli uccelli acquatici, che sono in grado di coprire grandi distanze e di
trasmettere l’ infezione agli animali domestici.
In Cina si segnala una ripresa dei casi di influenza
H7N9, con tre nuovi casi riportati dall' ultimo bollettino dell’ OMS,
giunta alla
sua terza stagione e che ha fatto più di 450 casi e 175 vittime. Vedremo nelle prossime settimane/mesi se si ripeteranno
gli scenari delle precedenti stagioni, comunque sarà un tema che merita un approfondimento a parte.
Da ultimo assistiamo ad un ritorno dell’ influenza H5N1 nel
sud dell’ Egitto, terra che è stata spesso teatro di focolai epidemici legati a
questo virus, anche se la letalità nei casi registrati in questo paese è
risultata storicamente inferiore rispetto a quella osservata nei paesi asiatici.
E’ interessante notare come tutte queste notizie arrivino
ovattate nelle cronache di stampa e non tendano a deflagrare come avveniva 8-9 anni fa, quando l’ allora
rampante virus H5N1 occupava le prime pagine dei giornali e teneva con il fiato
sospeso l’ opinione pubblica mondiale, causando anche seri danni ai settori
economici correlati. I primi 18 casi umani, di cui 6 fatali, risalgono al 1997. Il momento più critico è stato toccato nel 2005, allorché
vengono documentati i primi casi di trasmissione interfamigliare, con l’
che si allarga a macchia d' olio.
Nel 2006 la situazione si aggrava: il virus viene isolato
per la prima volta in un allevamento
di polli della Nigeria e uccelli infetti vengono segnalati da molti paesi tra
cui Italia, Germania e Francia.
Spaventa l’ aggressività del virus, in grado di uccidere il 50% delle persone
colpite, la capacità di trasmettersi da uomo a uomo e i
timori di essere alle porte di una pandemia devastante come quella del 1918,
tanto da spingere l’ OMS a diramare misure urgenti di controllo e di
preparazione che dovevano essere recepite da tutti gli stati membri. Sono passati diversi anni da allora, una pandemia è arrivata, ma causata da un virus completamente diverso e senza i temuti effetti
drammatici e questo ha fatto si che i riflettori si spegnessero a poco a poco su tutta la problematica.
In realtà, anche se non c’ è motivo per vivere in uno stato
di terrore permanente, è necessario restare vigili nei confronti di queste
continue evoluzioni perché, se anche sembrano limitate nei loro effetti
immediati, possono creare i presupposti per fenomeni più pericolosi. Vediamo di
capire le ragioni di questa cautela.
Gli uccelli migratori rappresentano storicamente il
serbatoio principale del virus dell’ influenza di tipo A, di cui si conoscono
varie ramificazioni, a seconda degli antigeni di superficie Emagglutinina (HA) e
neuraminidasi (NA), proteine di superficie con un’ importante funzione nel
ciclo vitale del virus. Si conoscono 17
varianti di HA e 10 di NA con varie possibili combinazioni ( se ne contano ca
200) e tutte sono veicolate dagli uccelli, ad eccezione dell’ H17N10 che sembra
esclusiva dei pipistrelli. Dagli uccelli si diffondono a molte altre specie tra
cui l’ uomo, in cui circolano i sottotipi H1, H2 e H3.
Il mondo dei virus influenzali è paragonabile ad un
gigantesco laboratorio in cui avvengono continue trasformazioni del corredo
genetico dei singoli virus che, oltre ad avere una spiccata propensione a
mutazioni spontanee, sono soggetti ad un rimaneggiamento del loro
corredo
genetico tramite lo scambio- chiamato riassortimento
- di materiale appartenente a sottotipi diversi, così da generare virus del
tutto nuovi. Il virus influenzale è costituito da 8 segmenti di RNA e nel corso
delle epidemie che colpiscono milioni di animali di specie diverse non è raro
che uno stesso organismo venga attaccato da due virus diversi e dal rimescolamento
dei segmenti genetici nasca una progenie con caratteristiche mutate. Alcune di
queste varianti si dimostrano scarsamente vitali e si estinguono in tempi
brevi, altre hanno una migliore capacità infettiva che permette loro di
riprodursi in modo efficace e di guadagnarsi uno spazio nell’ ambito delle
varie specie circolanti. In qualche caso nascono virus che sono in grado di
attaccare gli esseri umani. Questo può avvenire in maniera limitata, come è stato finora con i virus
H5N1 e H7N9 o estesa come è avvenuto con i virus pandemici. Generalmente si
ritiene che affinché un virus diventi una seria minaccia per la nostra specie
debba condividere materiale genetico sia di provenienza aviaria che umana e, in
questo senso,un ruolo chiave è giocato dai maiali, grazie al fatto che possiedono recettori che permettono l’ attecchimento di entrambi i tipi di virus: l’ ultima pandemia è un chiaro esempio in questo senso. I cambiamenti ambientali, demografici ed economici che hanno interessato il nostro pianeta nelle ultime decadi agiscono nel senso di favorire sia la probabilità di eventi di questo tipo sia la rapidità dei una loro diffusione su larga scala.
Anche se i molti allarmi lanciati dagli organismi mondiali
preposti ad esercitare la vigilanza ci hanno un po’ assuefatto e spinto in
larga parte ad uno distaccato scetticismo è opportuno non abbassare la guardia
e seguire le notizie che vengono divulgate in questi giorni con un
atteggiamento sereno ma anche attento a cogliere quelli che possono essere gli
imprevedibili sviluppi.
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