Si è praticamente
conclusa la stagione influenzale, con i dati e i grafici che mostrano
una discesa dei vari indici al di sotto delle soglie di allerta.
Nell' ultimo bollettino i valori relativi all'incidenza delle ILI
sono scesi al di sotto del 2 x 1000 nella popolazione pediatrica, ad indicare
un livello di circolazione molto basso che segna la fine dell'attuale
stagione, anche se va tenuto presente che i virus influenzali non ci
lasciano del tutto, perché una minima circolazione si registra
anche in altri periodi dell'anno. All'inizio della stagione abbiamo
riportato le previsioni su quello che si sarebbe verificato e l'
attesa era in generale per un periodo senza grandi scosse. Non è
stato proprio così, come abbiamo già discusso a gennaio sulla base
delle prime settimane in cui si è assistito ad un ritorno impetuoso
quanto inaspettato del virus H1N1, proprio quello della pandemia
prima gonfiata e poi derubricata a semplice variante delle epidemie
tradizionali. Ma in realtà non era un virus stagionale quello del 2009 come non lo è stato nel corso
della stagione successiva e, a ribadirlo nuovamente, non è stato
così neppure in questo – ultimo? - colpo di coda.
Le prime notizie
giungono dalle cronache dei giornali, che nel Veneto e in Puglia
hanno cominciato a segnalare diversi casi gravi che colpivano persone
non proprio attempate e con forme di severità tali da determinarne
il ricovero in unità di terapia intensiva e, nei casi più gravi, il
trasferimento presso centri di cura specialistica che dispongono di
macchinari salvavita, l'ECMO, un tempo sconosciuto e adesso,
meraviglie dell' evoluzione della lingua, parte del nostro lessico
quotidiano ...! A partire dalla 3a settimana del 2015 è iniziata, a cura della testata Epicentro, la pubblicazione del bollettino ufficiale relativo alle segnalazioni dei casi gravi e dei decessi che progressivamente affluiscono da
tutta Italia, così come avviene già da tempo nella maggior parte dei paesi
europei, in America e in diverse altre parti del globo. La rubrica si
chiama Flunews e fornisce in un unico documento i
resoconti sul numero di ILI, sugli accesi al pronto soccorso e sulla
raccolta dei casi gravi, che in base ad una direttiva europea fatta
propria dal nostro ministero e diramata presso tutti i centri
ospedalieri, devono essere segnalati alla nostra sede istituzionale. Lo scopo è
quello di monitorare quadri che sono tipici, anche se non esclusivi,
di un virus maggiormente aggressivo nei confronti di
persone che non sono normalmente vittime dei classici virus
influenzali, vale a dire i soggetti di età tra i 40 e i 60 anni, più
spesso con ma anche senza fattori di rischio. E' questa un'informazione fondamentale che dovrebbe servire non solo agli
amministratori della salute per decidere un impiego razionale delle
risorse umane e materiali per gestire al meglio le situazioni
critiche e mettere eventualmente in campo misure straordinarie a
livello di organizzazione sanitaria ma anche a rendere consapevole l'opinione pubblica sui rischi connessi alla malattia e sulle misure da
prendere per garantirsi una migliore protezione individuale. I casi,
settimana dopo settimana, sono saliti come una marea montante che non
si sapeva fin dove sarebbe potuta arrivare. C'era da allarmarsi? No,
calmi tutti, non c'è nulla di nuovo...
In Italia l' influenza è
sinonimo solo di un malanno di stagione che si limita ad affollare gli
studi dei medici ma che non rappresenta un vero pericolo se non per
le persone affette da gravi patologie antecedenti, vale a dire
per quelli con un piede già nella fossa. Se nei giornali ci si
riferisce a qualche malcapitato finito in rianimazione o peggio
ancora deceduto in conseguenza dell' infezione, il titolo spesso
riporta soggetto gravemente malato per “quella che sembrava (!) una
banale (!!) influenza”. L' influenza, di per sé, non può essere
cattiva. Purtroppo ad alimentare questa visione superficiale è
spesso l'informazione di stampo ufficiale, che tende a minimizzare
quelli che sono i rischi reali, con lo scopo di non allarmare
eccessivamente la popolazione, ma con il risultato che viene meno la
presa di coscienza di quali siano i veri pericoli. Nella letteratura
scientifica di impronta anglosassone, in particolare americana, già
dagli anni 60-70 sono fioriti diversi studi che hanno messo in luce
le ricadute della malattia, che vanno ben oltre gli effetti che noi
vediamo in superficie e che riteniamo essere gli unici a
caratterizzare le manifestazioni della patologia e che si
estrinsecano in quadri, quali patologie settiche-invasive ( polmoniti complicate
– meningiti), cardiologiche ( ictus e infarti) morti improvvise e
fulminanti, che mascherano la reale causa che li ha determinati, a
cui si riesce a risalire grazie a studi che inizialmente erano solo
di tipo epidemiologico e statistico ma che in questi ultimi anni stanno ricevendo sempre più riscontri di tipo clinico e patogenetico. Il virus H1N1 ha dato una sua impronta peculiare alle
epidemie di questi ultimi anni, dimostrandosi estremamente pericoloso
per categorie di persone che normalmente vengono solo marginalmente
interessate dalla malattia e che avrebbero dovuto essere oggetto di
campagne mirate di informazione. Ma purtroppo non è stato così.
Così come è avvenuto nel corso delle prime stagioni pandemiche,
anche in quest'ultima le dichiarazioni ufficiali hanno cercato di
sminuire la portata degli avvenimenti, sostenendo il messaggio di una
stagione “non dissimile” rispetto alle precedenti... più avanti
analizziamo su che cosa si è basato questo assunto.
Nelle ultime settimane l'
attenzione nei confronti di questo tema è notevolmente scemata, come
è tradizione che avvenga da noi. Le emergenze fanno notizia fintanto
che non vengono lasciate alle spalle, superate magari da altre
emergenze, come quella relativa ai casi di meningite in Toscana,
senza che se ne tragga una lezione che possa servire per il futuro.
Qualche indicazione dovrebbe venire dai bilanci di fine stagione, ma chi si aspetta di avere una disanima di quanto
successo e delle indicazioni sulle strade future da intraprendere, è
destinato a restare deluso. Sul sito di Epicentro è uscito un
articolo di commento sull'andamento della stagione, a
cura del dott. Antonino Bella del reparto Epidemiologia delle malattie
infettive, Cnesps-Iss. L' articolo è stato rilanciato da qualche testata giornalistica, come ad
esempio sul sito Wired che lo fa con un titolo certamente di effetto - è
finita una delle peggiori epidemie degli ultimi anni - ma che appare
poco in sintonia con il contenuto che viene proposto.
Anzichè fornire un approfondimento su quelle che sono state le
effettive ripercussioni sul piano della sanità pubblica dell'epidemia di quest'anno e su quali siano state le reali cause che
hanno portato a questa situazione, ci si limita a snocciolare una
serie di cifre che sono ben lungi da dare ad un lettore non
smaliziato la misura di una stagione così grave e che non possono riflettere la gravità di
una stagione contraddistinta da un elevato carico per le nostre
strutture sanitarie, in molti casi messe alle corde da un vero e
proprio assalto di ammalati e costrette a cercare soluzioni
improvvisate per il reperimento di posti letto e dall'impatto
drammatico sulla vita delle persone e delle loro famiglie. Lo
scopo della divulgazione di argomenti di interesse pubblico, tra cui
rientrano a pieno diritto quelli di ambito sanitario, dovrebbe
essere quello di fornire un' informazione corretta, trasparente, non
allarmistica ma neppure reticente su argomenti che riguardano beni
primari come quelli relativi alla salute, senza usare un linguaggio
eccessivamente tecnico ma anche senza omettere tutti gli elementi
utili a stimolare un momento di riflessione che può indirizzare
verso scelte giuste per il domani. Purtroppo, nel caso dell'influenza, questo avviene raramente.
Nel documento citato si parte con il numero assoluto di casi che, ci viene detto, è stato
pari a 6, 3 milioni. Si tratta di un dato certamente
significativo, anche se andrebbe in realtà specificato che non tutti sono dovuti all' influenza perché, sotto la
generica dicitura di ILI, si possono nascondere quadri di diversa
eziologia, ma l'influenza ne rappresenta una quota significativa. Lo
si ricava dai dati di sorveglianza virologica che documentano come
quest'anno la percentuale di tamponi positivi sia risultata molto
elevata, con un picco del 49,6% alla 6a settimana di picco e al di
sopra del 30% per 8 settimane consecutive. Va anche tenuto presente
che molti casi sfuggono a questo tipo di sorveglianza, perché una
parte consistente o è asintomatica o ha sintomi non così gravi da
richiedere un consulto medico, ma contribuiscono a mantenere alti
i livelli di virus circolanti e ad allargare il rischio per i
soggetti più esposti a complicazioni. Numeri così elevati non
si registravano dal 2010-11, che è stata un' altra stagione dominata
dal virus H1N1, superati come entità solo dalla prima stagione
pandemica e dalla stagione 2004-05.
Quello che si è
verificato quest'anno e che le nude cifre non riescono ad esprimere è una
morsa micidiale tra i due virus che stanno dominando le ultime
stagioni, con un virus H3N2 in veste rinnovata e non coperto dal
vaccino proposto quest'anno e che in varie parti del mondo, quelle
in cui almeno esiste una sorveglianza degna di questo nome, ha
dimostrato di avere un impatto notevole sulla popolazione anziana e
il virus H1N1 che mantiene pressoché immutata, pur a distanza di 5
anni, la sua pericolosità nei riguardi dei soggetti più giovani,
soprattutto quelli della fascia tra i 40 e i 60 anni.
Il virus prevalente in
Italia è stato proprio quest' ultimo, soprattutto nella prima parte
della stagione e più in alcune regioni rispetto ad altre. Veneto,
Friuli, Trentino, Toscana, Puglia sono le regioni che hanno visto una
percentuale maggiore di presenza del virus pandemico, mentre in altre
regioni, come Liguria, Piemonte, Lazio, Sardegna
c'è stata una prevalenza del virus H3N2, che ha caratterizzato
maggiormente la seconda parte della stagione. Verso la fine, come è
ormai tradizione, ha fatto capolino il virus B, isolato in percentuale significativa nel Lazio e nell'Umbria.
Ma l'aspetto saliente della stagione sono i casi gravi e i decessi registrati ufficialmente, che vengono riportati nell' articolo su Wired, ma senza ricevere il risalto che meriterebbero. A parte l' errore di trascrizione, in realtà non sono stati 485 e 165 ma 648 e 163,
viene omessa l' informazione fondamentale su quanti siano da
attribuire all' uno e all' altro virus, facendo un minestrone che
finisce per annacquare quello che è stato l'elemento maggiormente
caratterizzante della stagione. E' stato il virus pandemico il
principale responsabile del gran numero di casi gravi e dei decessi registrati
quest' anno: all' incirca l' 80% dei primi e il
75% dei secondi sono da attribuire al virus H1N1, mentre una quota
nettamente inferiore è dovuta al virus H3N2 e al virus B. Per
comprendere in maniera chiara la portata di questi numeri
bisogna fare un confronto con quello che è successo nelle
stagioni precedenti. Giunge a proposito la
pubblicazione del settimanale Flunews che nel 2014, sia pure con notevole ritardo, ha iniziato a rendere pubblici questi dati e, se facciamo un confronto con
il bilancio di casi gravi e decessi riportati a fine stagione,
abbiamo la misura di quanto sia stata effettivamente severa quella
appena terminata. Alla 17a settimana del 2014, che corrisponde come
numerazione all' ultimo bollettino di quest' anno, i casi gravi sono
stati 93 e i decessi 16. L' aumento è stato del 700 e del 1000%
rispettivamente. I casi gravi non si riferiscono a broncopolmoniti
che si risolvono con dieci giorni di antibiotico ma, come riportato
nella circolare
che il ministero invia ogni anno ai centri periferici, a quei
pazienti con quadri di gravi infezioni respiratorie acute (SARI) o
sindromi di distress respiratorio acuto (ARDS) che richiedono
trattamento in terapia intensiva (UTI) o che vengono sottoposti a
circolazione extracorporea (ECMO). Teniamo presente che al di là dei
numeri ci sono drammi di persone, comprese le loro famiglie, che mai
avrebbero creduto di dover soccombere ad una “banale” influenza. Va inoltre considerato che i decessi rappresentano solo la punta dell'iceberg rispetto a quelli che effettivamente si verificano, perchè molte morti sfuggono al riconoscimento e vengono attribuite ad altre cause. Quelle di quest'anno sono cifre importanti che dovrebbero essere
messe in risalto e che dovrebbero spingere a delle serie riflessioni
su che cosa è mancato in termini di preparazione e su quali lezioni
si possano trarre per il futuro. Si è puntato invece al
messaggio di una stagione normale, “non dissimile” rispetto
alle precedenti e vediamo adesso con quale espediente.
Ma l'aspetto saliente della stagione sono i casi gravi e i decessi registrati ufficialmente, che vengono riportati nell' articolo su Wired, ma senza ricevere il risalto che meriterebbero. A parte l' errore di trascrizione, in realtà non sono stati 485 e 165 ma 648 e 163,
Nei primi bollettini di
Flunews pubblicati a partire dalla settimana n. 4 del 2015 veniva
dichiarato che “ l'andamento di casi gravi e di decessi ...appare
del tutto sovrapponibile a quanto osservato nelle stagioni
precedenti, con molte similitudini con la stagione post-pandemica
2010-11”. Questo ritornello, con lievi varianti, è stato ripetuto
fino all'ultimo bollettino. Quello che non viene reso esplicito è
che la stagione 2010-11 non è stata una delle tante stagioni di influenza che si alternano nel corso degli anni con un andamento
più o meno severo, ma è stata fortemente condizionata da un' ondata
severa di influenza H1N1, per certi aspetti superiore alla prima
stagione pandemica, con un bilancio di malati critici e di casi
fatali che è risultato elevato, a dispetto delle dichiarazioni
ufficiali di inizio stagione che avevano preconizzato un “ritorno
alla normalità” e dei maldestri tentativi di minimizzare la
portata degli eventi. Il virus H1N1 non è mai stato e non è
neppure oggi una semplice variante dei virus stagionali poiché
determina quadri clinici e colpisce fasce di persone molto diversi
rispetto al virus H3N2 o al virus B. Non si può parlare degli
avvenimenti epidemiologici di questi ultimi anni senza tenere
presente questo aspetto fondamentale: durante le normali epidemie di
virus stagionali, quelle che si sono susseguite fino al 2008, quasi
mai si erano verificati casi di questa gravità in soggetti giovani,
quasi mai si era sentito parlare di ECMO, quasi mai di giovani donne
gravide ridotte in fin di vita da un “innocuo” virus influenzale,
quasi mai di bambini deceduti con forme fulminanti. Dire che questa
stagione è in linea con le precedenti è come affermare che la
mortalità che si registra in tempo di guerra è uguale alla
mortalità del tempo di pace. Se in quello che si definisce un tempo
di pace muoiono tanti soggetti giovani quanti morivano durante il
periodo di guerra significa che in realtà la guerra non è finita,
nonostante le dichiarazioni contrarie della narrativa ufficiale. Di più, si vuole far credere che la guerra non sia mai
iniziata e, a riprova di questa tesi, si confrontano i decessi di
quest'anno non con gli anni di vera pace ma con quelli di un periodo
in cui imperversava sempre il virus H1N1. E tutto questo
per giustificare la mancata assunzione di responsabilità nei
confronti dei tanti caduti di questa guerra mai dichiarata, la cui
colpe devono ricadere non in chi li ha esposti alle insidie del nemico senza
avvisarli del pericolo che correvano ma nelle stesse vittime ignare, ree di
non aver dato retta alle generiche raccomandazioni di circostanza che
un comandante rivolge ad una recluta che parte per quella che crede una normale esercitazione militare e che si ritroverà ad essere invece in prima linea sul fronte....
E così nell' articolo di
Wired, dopo aver presentato una serie di dati che poco possono dire se estrapolati dal loro contesto, si arriva alla
conclusione, corroborata dal parere degli esperti, che quest'annata
terribile sia solo il risultato di un aumento dell' incidenza nei
soggetti anziani a rischio e della scarsa fiducia nella
vaccinazione.
Ma non diamo la colpa al
giornalista di Wired o a quelli di altre testate se la confusione
sull'argomento regna sovrana.
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