domenica 1 marzo 2015

Stagione 2014-2015: la fiaba dell' influenza in Italia








Marzo, è tempo di primi bilanci sulla stagione 2014-15. Le previsioni dello scorso autunno erano in prevalenza di una stagione non dissimile e semmai più blanda dalle precedenti, ma con l’ influenza l’ unica cosa certa è la sua imprevedibilità. E, di fatto, l’ epidemia che ha appena compiuto il suo giro di boa e ha intrapreso il suo percorso di ripiegamento, è risultata una delle più severe degli ultimi anni. All’ inizio, segnali di possibili guai all’ orizzonte sono giunti  dagli Stati Uniti, dove  il ceppo maggiormente isolato non era quello inserito nella composizione del vaccino, bensì una nuova variante, denominata  A/Switzerland/9715293/2013, che sarà presente invece nel vaccino del prossimo anno, sperando che il pronostico non venga nuovamente disatteso.  Il problema ormai annoso sono i lunghi tempi per la commercializzazione che  lasciano esposti al rischio di cambi repentini di un virus che fa della instabilità un suo punto di forza. Le notizie giunte dall’ altro versante dell’ atlantico hanno innescato da una parte  timori e dall’ altra polemiche sull’ inefficacia delle vaccinazioni. A fine Novembre è scoppiato lo scandalo Fluad con un notevole contraccolpo di immagine sui vaccini, causato da un falso allarme  lanciato dall’ ente italiano preposto alla sorveglianza, i cui effetti avrebbero potuto essere ben più importanti se non fosse avvenuto in un periodo in cui la campagna di vaccinazione volgeva verso il termine. Ma le ricadute di questo evento sono state fatte apparire più rilevanti di quello che erano per  mascherare il significato reale degli avvenimenti. Perché gli italiani sono un popolo di bambini a cui non si può dire tutta la verità.



Intanto negli Stati Uniti e in Canada la variante modificata del virus  H3N2 ha preso nettamente il sopravvento e  ha in gran parte compromesso l’ efficacia della vaccinazione. Le conseguenze si sono viste con il rapido impennarsi dei vari indicatori che descrivono l’ andamento dell’epidemia e che hanno messo subito in evidenza un  impatto notevole sulla popolazione anziana. L’ anno precedente il prezzo più alto era stato pagato dai giovani adulti, in quanto il virus maggiormente circolante era stato l’ H1N1 pandemico, che fa di questa fascia della popolazione il suo bersaglio principale. A differenza di quello che avviene da noi, negli USA esistono strumenti molto sofisticati che non si limitano al conteggio delle sindromi simil influenzali (ILI) e dei tamponi positivi, ma che forniscono indicazioni precise sull’ andamento dell’ epidemia e sul suo impatto in termini di mortalità sia generale sia divisa per scaglioni di età, di mortalità pediatrica ( che è stato introdotto da non molti anni perché si è capito che i bambini pagano purtroppo un prezzo elevato) e di numero di ospedalizzazioni correlate all’ influenza. Proprio quest’ ultimo indice ha visto un’  ascesa fino ad arrivare ad un tasso 51,7/100000, con gli anziani che hanno raggiunto il livello record di 258. E' il livello più alto mai registrato dal 2005, da quando è iniziata la sorveglianza di questo indice. Il precedente valore più alto è stato 183,2 nel 2012-13.


In Europa la stagione ha avuto un inizio più tardivo rispetto al Nord America, ma anche qui si è manifestata in maniera preponderante la nuova variante a cui il vaccino fornisce una scarsa protezione. Le prime nazioni ad essere colpite sono state Olanda Svezia, Inghilterra. Fin da subito si è verificata un importante pressione sui sistemi sanitari, superiore a quella registrata nelle stesse settimane dell’ anno precedente e un impatto significativo sulla mortalità è stato registrato in Francia, Svizzera, Portogallo, Germania, in particolare a carico degli anziani. Sono stati questi a determinare una forte ascesa della curva di mortalità, già a partire dalla 50° settimana, in Inghilterra, dove sono stati registrati 893 ammissioni in terapia intensiva e 89 decessi. 
 In maniera simile a quanto avviene negli Stati Uniti, l’ Inghilterra ed altri 18 nazioni o regioni nazionali fanno parte del circuito EuroMOMO,  che raccoglie i dati in tempo reale sulla mortalità permettendo di avere un indicatore forte dell’ andamento reale della stagione. Stando all’ ultimo bollettino,  in 10 su 16 paesi che hanno inviato dati si è riscontrato un eccesso di mortalità per tutte le cause nei soggetti 65+, un dato che  dà la misura della severità della stagione influenzale negli stessi paesi  L’ Italia non fa parte di questo circuito, in quanto non dispone di  questo strumento fondamentale, privandoci di conseguenza della possibilità di conoscere quello che è il reale impatto dell' influenza in un dato anno. Siamo come una navicella che si muove nello spazio senza un radar che segnali ostacoli importanti nel suo cammino.



In Asia sono pochi i paesi che hanno un sistema di monitoraggio e di notifica delle forme influenzali di standard elevato. Un’ eccezione è  Hong-Kong che è una realtà che vanta un sistema sanitario di primo ordine  e che è attrezzata con  un sistema di sorveglianza evoluto. Il Center for Health Protection pubblica quasi quotidianamente bollettini sui focolai epidemici, sui casi gravi pediatrici e sull’ impatto complessivo della stagione. Quest’ ultima ha fatto  finora registrare 415 ammissioni in terapia intensiva e 306 decessi, che sono numeri che non si vedevano da parecchi anni e che stanno mettendo alle corde i presidi ospedalieri della metropoli asiatica. Anche qui le ricadute più pesanti si sono avute nei confronti della popolazione anziana e dipendono in larga misura  dalla circolazione del ceppo mutato del virus H3N2. Anche se non a livelli così elevati, una significativa circolazione del virus H3N2 si è registrata anche in Cina, Giappone, Mongolia e Corea del Sud.

Uno scenario del tutto diverso  è invece presente in India, dove viene riportata una netta predominanza del virus H1N1, che già nel 2009 e nel 2010 aveva provocato un gran numero di vittime, ma che negli ultimi 2 anni sembrava aver allentato la sua morsa. Quest’ anno si è invece verificata un considerevole numero di casi, in particolare nelle province del Rajastahn, Madhya Pradesh, Gujarat. Si contano numerosi ospedalizzati e le vittime sono prossime al migliaio.  Particolarmente colpiti risultano essere i soggetti giovani, molti casi fatali si verificano in soggetti di età compresa tra 20 e 50 anni.



America, Hong-Kong ed Europa da una parte  e India dall' altra mostrano chiaramente  come sia diversa la ricaduta dei due principali virus in circolazione, con la versione mutata dell’ H3N2 che provoca un numero elevato di vittime nell’ ambito della popolazione anziana più fragile, mentre il virus pandemico non sembra aver perduto lo smalto della prima sua apparizione e, se risparmia fortunatamente gli anziani di oggi ( ma non sarà così con quelli di domani!) in virtù della loro memoria immunologica, colpisce in maniera severa le persone della fascia più forte della popolazione, grazie alla maggiore aggressività che sa esprimere. Un virus che si è voluto dare per “esaurito” nell’ estate del 2010 e che ha continuato imperterrito a lasciare la sua scia di morti laddove si è manifestato.

In Italia la sorpresa è stata un ritorno tambureggiante del virus pandemico che nelle fasi iniziali ha dominato la stagione per poi cedere progressivamente il passo al virus H3N2, che negli ultimi rilevamenti ha raggiunto e superato come numero di isolamenti il primo. Il virus H1N1 ha colpito maggiormente alcune regioni (Veneto, Puglia, Emilia, Toscana) rispetto ad altre ed il bilancio di casi severi e di decessi è risultato essere piuttosto elevato.  In base all’ ultimo bollettino di Flunews, i casi gravi sono stati finora 517 e i morti accertati 100. Il confronto con la stagione precedente dà la misura della particolare severità dell’ attuale stagione. Nella medesimo periodo del 2014 i casi gravi erano stati 43 con appena 4 decessi.   Numeri di questo tipo non si registravano dai tempi delle prime due stagioni pandemiche, in particolare dalla seconda, di cui però non sono stati resi pubblici i dati ufficiali, a testimonianza del fatto che il virus H1N1 continua ad avere le sue peculiarità che lo contraddistinguono nettamente dai cugini stagionali e che lo hanno reso protagonista di stagioni severe in varie parti del mondo. Lo scorso anno sono stati colpiti duramente diversi paesi dell’ America sia del sud che del nord e in Europa la Spagna ha pagato un dazio abbastanza pesante, ma questo non è sembrato un motivo sufficiente per sensibilizzare anche l’ opinione pubblica italiana sui rischi di un suo ritorno. Da noi si preferisce raccontare la  favola dell’ epidemia “in linea” con quanto successo nelle  precedenti stagioni e  se proprio si è costretti ad ammettere che sì, in fondo in fondo, abbiamo assistito ad un anno un po’ burrascoso, questo è da ricondurre solo all’ impressionante calo delle vaccinazioni che c’ è stato dopo il caso Fluad, ai giornali che hanno amplificato la vicenda e ai tanti ingenui che si sono fatti vincere dall paura. Purtroppo su questi temi l’ opinione pubblica, i giornali, gran parte della classe medica sembrano essere ancora  anestetizzati dalla marea di notizie distorte che ha inondato il nostro paese ai tempi della pandemia. Chissà quanti anni ci vorranno ancora perché si possa aprire gli occhi su quanto è successo e sulle sofferenze patite da tanti nostri connazionali per quello che viene considerato un banale virus stagionale.



Esiste un altro risvolto della stagione in corso su cui nessuno riflette.  Come è stato documentato dagli ultimi bollettini, anche  in Italia stanno circolando delle varianti "cattive" del ceppo H3N2. Partite un po’ sottotono rispetto al virus H1N1, hanno pian piano guadagnato terreno tanto da superare nelle ultime settimane il virus H1N1. Nel conteggio complessivo dall’ inizio della stagione rappresentano 1/3 dei virus isolati, la metà rispetto ai virus del tipo H1N1. Se però andiamo a guardare l' insieme dei casi gravi e dei decessi riportati, rappresentano una percentuale di appena il 10%. Come abbiamo visto all’ inizio di questo articolo, nei diversi paesi dell’ America, dell’ Europa e dell’ Asia in cui c’ è stata una prevalente circolazione di questo ceppo o di altri affini, c’ è stata una sostanziale ricaduta in termini di ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva, decessi. Come si spiega che una situazione analoga, seppure in proporzioni minori data la prevalenza da noi del ceppo pandemico, non si sia verificata?



La verità è che  il virus H3N2 ha probabilmente un impatto significativo anche da noi, ma non ce ne rendiamo conto.

Il virus H3N2, lo si è visto negli esempi riportati in questo articolo, ha una virulenza e soprattutto un target diverso rispetto al virus H1N1. Se quest’ ultimo colpisce in prevalenza persone giovani e con quadri di importante insufficienza respiratoria e multiorgano,  talmente evidenti che non possono sfuggire neppure ad una sorveglianza disattenta come la nostra, l’ H3N2 attacca altrettanto severamente persone con fragilità importanti legate all’ età avanzata e alle patologie che spesso l’ accompagnano o con quadri  severi ma mascherati da altri, come sovrainfezioni batteriche o  scompensi cardiocircolatori che non riconducono alla causa sottostante. In tutte queste situazioni  il virus viene raramente ricercato e la morte spesso attribuita ad altre cause. Nei paesi che ho citato come Stati Uniti, Inghilterra o Hong-Kong esistono sia una maggiore consapevolezza del fenomeno sia sistemi di sorveglianza più accurati, per cui questi quadri vengono molto più frequentemente riconosciuti  e trattati in quanto tali o indirettamente  vengono dedotti  dalla sorveglianza in tempo reale della mortalità generale e per scaglioni di età, che permette un tempestivo riscontro di quelle che sono le ricadute reali del virus o dei virus che stanno circolando. Da noi l’ unico modo per risalire a quello che sta accadendo è leggere nei giornali del gran numero di accessi al pronto soccorso e di  ospedalizzazioni, delle lunghe ore di attesa, della mancanza di posti letto e di personale sufficiente, con tutte le  polemiche che inevitabilmente seguono a proposito  dell’  inadeguatezza dei nostri servizi territoriali di sanità. Fateci caso, le cronache delle scorse settimane hanno riferito che a saturare i nostri servizi erano soprattutto gli anziani, quelli che sono il bersaglio del virus H3N2, non dell’ H1N1.


C’ è stato un altro periodo in cui, similmente a quest’ ultimo, le pagine dei giornali italiani erano piene di notizie di questo genere e in cui le pagine degli annunci funebri erano particolarmente traboccanti di notizie relative a decessi di persone anziane. Mi riferisco alla stagione 2011-12 che, in base alla sorveglianza virologica dell' epoca, sappiamo essere stata  dominata dal virus H3N2, con marginali presenze dell’ H1N1 e del B.


Quella stagione è passata già da tempo senza che nessuno sia consapevole di quello che è realmente successo, ma una traccia si trova nei numeri che giacciono ignorati in una pagina dell’ ISTAT e che si riferiscono ai decessi registrati mensilmente, che mi sono preso la briga di analizzare. Ne ho ricavato un grafico che vi propongo:

 


Le colonne rappresentano le varie stagioni che si sono susseguite dal 2003 al 2014, i segmenti colorati corrispondono ai mesi che vanno da novembre a marzo, nell’ asse delle y è riportata la somma dei decessi registrati. C’ è una colonna che sopravanza nettamente tutte le altre ed è quella che corrisponde alla stagione 20011-2012, proprio quella di cui stiamo trattando. In quella stagione il numero dei decessi ha superato di ca 17000 unità la stagione  che si avvicina di più come gravità, che è stata quella successiva. Calcolando solo i decessi avvenuti tra gennaio e marzo 2012 e confrontandoli con lo stesso periodo del 2010, in cui non c’ è stata praticamente nessuna  circolazione del virus influenzale ( era l' anno della pandemia che ha avuto il suo picco in autunno), la differenza è di 25000 morti. I morti che mediamente vengono attribuiti all’ influenza sono 7-8000 ( ma sono dati che si riferiscono agli anni dal 1969 al 2000). Il mio è un calcolo grossolano che richiederà analisi più accurate di tipo statistico ( se mai verranno fatte!) per poter essere correttamente interpretato, ma nella stagione 2011-12 si è verificato  un eccesso di letalità  di ben tre volte superiore alla media delle altre stagioni. Unica  spiegazione plausibile ( anche se va considerato anche un periodo di freddo superiore alle medie stagionali nelle prime 2 settimane di febbraio) il ritorno del virus H3N2 dopo 2 anni di assenza. 2 anni in cui gli anziani sono stati risparmiati poiché poco “interessanti” per il virus H1N1.
 Nei paesi europei in cui esiste una sorveglianza epidemiologica seria,  un eccesso significativo della mortalità è  stato documentato, come in Belgio, Olanda, Svizzera e Portogallo 



Il grafico qui accanto si riferisce alla stagione 2011-12 in Portogallo, in cui si vede come in quell’ anno la mortalità ha raggiunto punte molto elevate. Da notare che non stiamo parlando di  un  paese europeo più avanzato e progredito del nostro, eppure dispone già da tempo di sistemi di sorveglianza della mortalità in tempo reale ( fa parte del circuito euroMOMO) e sui dati ricavati è in grado di produrre studi  che da noi sono una pura e semplice chimera.



In Italia le stagioni di influenza risultano essere sempre in linea con le precedenti e non sono mai motivo di particolari preoccupazioni, ma da noi la storia dell’ influenza non è una scienza, ma una fiaba che va  raccontata a bambini troppo piccoli per comprendere la vera realtà delle cose.











































Nessun commento:

Posta un commento