Marzo, è tempo di primi bilanci sulla stagione 2014-15. Le previsioni dello scorso
autunno erano in prevalenza di una stagione non dissimile e semmai più blanda
dalle precedenti, ma con l’ influenza l’ unica cosa certa è la sua imprevedibilità.
E, di fatto, l’ epidemia che ha appena compiuto il suo giro di boa e ha
intrapreso il suo percorso di ripiegamento, è risultata una delle più severe
degli ultimi anni. All’ inizio, segnali di possibili guai all’ orizzonte sono
giunti dagli Stati Uniti, dove il ceppo maggiormente isolato non era quello inserito nella
composizione del vaccino, bensì una nuova variante, denominata A/Switzerland/9715293/2013, che sarà
presente invece nel vaccino del prossimo anno, sperando che il pronostico non
venga nuovamente disatteso. Il problema ormai annoso sono i
lunghi tempi per la commercializzazione che
lasciano esposti al rischio di cambi repentini di un virus che fa della
instabilità un suo punto di forza. Le notizie giunte dall’ altro versante dell’
atlantico hanno innescato da una parte
timori e dall’ altra polemiche sull’ inefficacia delle vaccinazioni. A
fine Novembre è scoppiato lo scandalo Fluad con un notevole contraccolpo di
immagine sui vaccini, causato da un falso allarme lanciato dall’ ente italiano preposto alla sorveglianza, i cui effetti
avrebbero potuto essere ben più importanti se non fosse avvenuto in un periodo
in cui la campagna di vaccinazione volgeva verso il termine. Ma le ricadute di
questo evento sono state fatte apparire più rilevanti di quello che erano
per mascherare il significato reale
degli avvenimenti. Perché gli italiani sono un popolo di bambini a cui non si
può dire tutta la verità.
Intanto negli Stati Uniti e in Canada la variante
modificata del virus H3N2 ha preso
nettamente il sopravvento e ha in gran
parte compromesso l’ efficacia della vaccinazione. Le conseguenze si sono viste con il rapido impennarsi dei vari indicatori che
descrivono l’ andamento dell’epidemia e che hanno messo subito in evidenza
un impatto notevole sulla popolazione
anziana. L’ anno precedente il prezzo più alto era stato pagato dai giovani
adulti, in quanto il virus maggiormente circolante era stato l’ H1N1 pandemico,
che fa di questa fascia della popolazione il suo bersaglio principale. A
differenza di quello che avviene da noi, negli USA esistono strumenti molto sofisticati che non si limitano al conteggio delle sindromi simil influenzali
(ILI) e dei tamponi positivi, ma che forniscono indicazioni precise sull’
andamento dell’ epidemia e sul suo impatto in termini di mortalità sia generale sia divisa per scaglioni di età, di
mortalità pediatrica ( che è stato introdotto da non molti anni perché si è
capito che i bambini pagano purtroppo un prezzo elevato) e di numero di ospedalizzazioni
correlate all’ influenza. Proprio quest’ ultimo indice ha visto un’ ascesa fino ad arrivare ad un tasso 51,7/100000, con gli anziani che hanno raggiunto il livello record di 258. E'
il livello più alto mai registrato dal 2005, da quando è iniziata la sorveglianza
di questo indice. Il precedente valore più alto è stato 183,2 nel 2012-13.
In Europa la stagione ha avuto un inizio più tardivo
rispetto al Nord America, ma anche qui si è manifestata in maniera
preponderante la nuova variante a cui il vaccino fornisce una scarsa protezione. Le prime nazioni ad essere colpite sono state Olanda Svezia,
Inghilterra. Fin da subito si è verificata un importante pressione sui sistemi
sanitari, superiore a quella registrata nelle stesse settimane dell’ anno
precedente
e un impatto significativo sulla mortalità è stato registrato in Francia,
Svizzera, Portogallo, Germania, in particolare a carico degli anziani. Sono
stati questi a determinare una forte ascesa della curva di mortalità, già a
partire dalla 50° settimana, in Inghilterra, dove sono stati registrati 893
ammissioni in terapia intensiva e 89 decessi.
In maniera simile a quanto avviene negli
Stati Uniti, l’ Inghilterra ed altri 18 nazioni o regioni nazionali fanno parte
del circuito EuroMOMO,
che raccoglie i dati in tempo reale sulla mortalità permettendo di avere
un indicatore forte dell’ andamento reale della stagione. Stando all’ ultimo
bollettino, in 10 su 16 paesi che hanno inviato dati si è riscontrato un eccesso
di mortalità per tutte le cause nei soggetti 65+, un dato che dà la misura della severità della stagione
influenzale negli stessi paesi
L’ Italia non fa parte di questo circuito, in quanto non dispone di questo strumento fondamentale, privandoci di conseguenza della possibilità di conoscere quello che è il reale impatto dell' influenza in un dato anno. Siamo come una navicella che si muove nello spazio senza un radar che
segnali ostacoli importanti nel suo cammino.
In Asia sono pochi i paesi che hanno un sistema di
monitoraggio e di notifica delle forme influenzali di standard elevato. Un’ eccezione è
Hong-Kong che è una realtà che vanta un sistema sanitario di primo
ordine e che è attrezzata con un sistema di sorveglianza evoluto. Il
Center for Health Protection pubblica quasi quotidianamente bollettini sui
focolai epidemici, sui casi gravi pediatrici e sull’ impatto complessivo della
stagione. Quest’ ultima ha fatto finora
registrare 415 ammissioni in terapia intensiva e 306 decessi, che sono numeri
che non si vedevano da parecchi anni e che stanno mettendo alle corde i presidi
ospedalieri della metropoli asiatica. Anche qui le ricadute più pesanti si sono avute
nei confronti della popolazione anziana e dipendono in larga misura dalla circolazione del ceppo mutato del
virus H3N2. Anche se non a livelli così elevati, una significativa circolazione
del virus H3N2 si è registrata anche in Cina, Giappone, Mongolia e Corea del Sud.
Uno scenario del tutto diverso è invece presente in
India, dove viene riportata una netta predominanza del virus H1N1, che già nel
2009 e nel 2010 aveva provocato un gran numero di vittime, ma che negli ultimi 2
anni sembrava aver allentato la sua morsa. Quest’ anno si è invece verificata
un considerevole numero di casi, in particolare nelle province del Rajastahn,
Madhya Pradesh, Gujarat. Si contano numerosi ospedalizzati e le vittime sono
prossime al migliaio. Particolarmente colpiti risultano essere i
soggetti giovani, molti casi fatali si verificano in soggetti di età compresa
tra 20 e 50 anni.
America, Hong-Kong ed Europa da una parte e India dall' altra mostrano chiaramente come sia diversa la ricaduta dei due principali virus in circolazione, con la versione mutata dell’ H3N2 che provoca un numero elevato di
vittime nell’ ambito della popolazione anziana più fragile, mentre il virus
pandemico non sembra aver perduto lo smalto della prima sua apparizione e, se
risparmia fortunatamente gli anziani di oggi ( ma non sarà così con quelli di
domani!) in virtù della loro memoria immunologica, colpisce in maniera severa
le persone della fascia più forte della popolazione, grazie alla maggiore
aggressività che sa esprimere. Un virus che si è voluto dare per “esaurito”
nell’ estate del 2010 e che ha continuato imperterrito a lasciare la sua scia di morti laddove si è manifestato.
In Italia la sorpresa è stata un ritorno tambureggiante
del virus pandemico che nelle fasi iniziali ha dominato la stagione per poi
cedere progressivamente il passo al virus H3N2, che negli ultimi rilevamenti ha
raggiunto e superato come numero di isolamenti il primo. Il virus H1N1 ha
colpito maggiormente alcune regioni (Veneto, Puglia, Emilia, Toscana) rispetto
ad altre ed il bilancio di casi severi e di decessi è risultato essere
piuttosto elevato. In base all’ ultimo
bollettino di Flunews, i casi gravi sono stati finora 517 e i morti
accertati 100. Il confronto con la stagione precedente dà la misura della
particolare severità dell’ attuale stagione. Nella medesimo periodo del 2014 i
casi gravi erano stati 43 con appena 4 decessi. Numeri di questo tipo non si registravano
dai tempi delle prime due stagioni pandemiche, in particolare dalla seconda, di
cui però non sono stati resi pubblici i dati ufficiali, a testimonianza del
fatto che il virus H1N1 continua ad avere le sue peculiarità che lo
contraddistinguono nettamente dai cugini stagionali e che lo hanno reso
protagonista di stagioni severe in varie parti del mondo. Lo scorso anno sono
stati colpiti duramente diversi paesi dell’ America sia del sud che del nord e
in Europa la Spagna ha pagato un dazio abbastanza pesante, ma questo non è
sembrato un motivo sufficiente per sensibilizzare anche l’ opinione pubblica italiana sui
rischi di un suo ritorno. Da noi si preferisce raccontare la favola dell’ epidemia “in linea” con quanto
successo nelle precedenti stagioni
e se proprio si è costretti ad
ammettere che sì, in fondo in fondo, abbiamo assistito ad un anno un po’
burrascoso, questo è da ricondurre solo all’ impressionante calo delle
vaccinazioni che c’ è stato dopo il caso Fluad, ai giornali che hanno
amplificato la vicenda e ai tanti ingenui che si sono fatti vincere dall paura. Purtroppo
su questi temi l’ opinione pubblica, i giornali, gran parte della classe medica
sembrano essere ancora anestetizzati
dalla marea di notizie distorte che ha inondato il nostro paese ai
tempi della pandemia. Chissà quanti anni ci vorranno ancora perché si possa
aprire gli occhi su quanto è successo e sulle sofferenze patite da tanti nostri
connazionali per quello che viene considerato un banale virus stagionale.
Esiste un altro risvolto della stagione in corso su cui nessuno riflette. Come è stato documentato
dagli ultimi bollettini, anche in
Italia stanno circolando delle varianti "cattive" del ceppo H3N2. Partite un po’ sottotono rispetto al virus H1N1, hanno pian
piano guadagnato terreno tanto da superare nelle ultime settimane il virus
H1N1. Nel conteggio complessivo dall’ inizio della stagione rappresentano 1/3
dei virus isolati, la metà rispetto ai virus del tipo H1N1. Se però andiamo a guardare l' insieme dei
casi gravi e dei decessi riportati, rappresentano una percentuale di appena il
10%. Come abbiamo visto all’ inizio di questo articolo, nei diversi paesi dell’ America, dell’ Europa e dell’ Asia in cui c’ è stata una prevalente
circolazione di questo ceppo o di altri affini, c’ è stata una sostanziale
ricaduta in termini di ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva,
decessi. Come si spiega che una situazione analoga, seppure in proporzioni
minori data la prevalenza da noi del ceppo pandemico, non si sia verificata?
La verità è che il virus H3N2 ha probabilmente un impatto
significativo anche da noi, ma non ce ne rendiamo conto.
Il virus H3N2, lo si è visto negli esempi riportati in
questo articolo, ha una virulenza e
soprattutto un target diverso rispetto al virus H1N1. Se quest’ ultimo colpisce
in prevalenza persone giovani e con quadri di importante insufficienza
respiratoria e multiorgano, talmente evidenti che non possono sfuggire
neppure ad una sorveglianza disattenta come la nostra, l’ H3N2 attacca
altrettanto severamente persone con fragilità importanti legate all’ età
avanzata e alle patologie che spesso l’ accompagnano o con quadri severi
ma mascherati da altri, come sovrainfezioni batteriche o scompensi cardiocircolatori che non riconducono alla causa sottostante. In
tutte queste situazioni il virus viene raramente ricercato e la morte spesso
attribuita ad altre cause. Nei paesi che ho citato come Stati Uniti,
Inghilterra o Hong-Kong esistono sia
una maggiore consapevolezza del fenomeno sia sistemi di sorveglianza più accurati, per cui questi quadri vengono molto
più frequentemente riconosciuti e
trattati in quanto tali o indirettamente
vengono dedotti dalla
sorveglianza in tempo reale della mortalità generale e per scaglioni di età, che
permette un tempestivo riscontro di quelle che sono le ricadute reali del virus o dei virus che
stanno circolando. Da noi l’ unico modo per risalire a quello che sta accadendo è
leggere nei giornali del gran numero di accessi al pronto soccorso e di ospedalizzazioni, delle lunghe ore di
attesa, della mancanza di posti letto e di personale sufficiente, con tutte le polemiche che inevitabilmente seguono a
proposito dell’ inadeguatezza dei nostri servizi
territoriali di sanità. Fateci caso, le cronache delle scorse settimane hanno riferito che a saturare
i nostri servizi erano soprattutto gli anziani, quelli che sono il bersaglio del
virus H3N2, non dell’ H1N1.
C’ è stato un altro periodo in cui, similmente a quest’
ultimo, le pagine dei giornali italiani erano piene di notizie di questo genere
e in cui le pagine degli annunci funebri erano particolarmente traboccanti di notizie
relative a decessi di persone anziane. Mi riferisco alla stagione 2011-12 che,
in base alla sorveglianza virologica dell' epoca, sappiamo essere stata dominata dal virus H3N2, con marginali
presenze dell’ H1N1 e del B.
Le colonne rappresentano le varie stagioni che si sono
susseguite dal 2003 al 2014, i segmenti colorati corrispondono ai mesi che vanno
da novembre a marzo, nell’ asse delle y è riportata la somma dei decessi registrati. C’ è una colonna che sopravanza nettamente
tutte le altre ed è quella che corrisponde alla stagione 20011-2012, proprio
quella di cui stiamo trattando. In quella stagione il numero dei decessi ha
superato di ca 17000 unità la stagione che si
avvicina di più come gravità, che è stata quella successiva. Calcolando solo
i decessi avvenuti tra gennaio e marzo 2012 e confrontandoli con lo stesso periodo
del 2010, in cui non c’ è stata praticamente nessuna circolazione del virus influenzale ( era l' anno della pandemia che ha avuto il suo picco in autunno), la
differenza è di 25000 morti. I morti che mediamente
vengono attribuiti all’ influenza sono 7-8000 ( ma sono dati che si riferiscono
agli anni dal 1969 al 2000). Il mio è un calcolo grossolano che richiederà analisi più accurate di tipo statistico ( se mai verranno fatte!) per poter essere correttamente interpretato, ma nella stagione 2011-12 si è verificato un eccesso di letalità di ben tre volte superiore alla media delle altre stagioni. Unica spiegazione
plausibile ( anche se va considerato anche un periodo di freddo superiore alle medie
stagionali nelle prime 2 settimane di febbraio) il ritorno del virus H3N2 dopo
2 anni di assenza. 2 anni in cui gli anziani sono stati risparmiati poiché poco
“interessanti” per il virus H1N1.
Nei paesi europei in cui esiste una
sorveglianza epidemiologica seria, un eccesso significativo della mortalità è stato documentato, come in Belgio, Olanda, Svizzera e
Portogallo
Il grafico qui accanto si riferisce alla stagione 2011-12
in Portogallo, in cui si vede come in quell’ anno la mortalità ha raggiunto
punte molto elevate. Da notare che non stiamo parlando di
un paese europeo più avanzato
e progredito del nostro, eppure dispone già da tempo di sistemi di sorveglianza della
mortalità in tempo reale ( fa parte del circuito euroMOMO) e sui dati ricavati è
in grado di produrre studi
che da noi sono una pura e semplice chimera.
In Italia le stagioni di influenza risultano essere sempre in linea con le precedenti e non sono mai motivo di particolari preoccupazioni, ma da noi la storia dell’ influenza non è una scienza, ma
una fiaba che va raccontata a bambini troppo
piccoli per comprendere la vera realtà delle cose.
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