Vi propongo un racconto che ho scritto nel 2009, sotto la spinta delle emozioni suscitate in me dall' attesa dell' arrivo della nuova pandemia. Adesso consideratelo come una riflessione sulla natura umana, che in ogni epoca passata e presente è sedotta da sentimenti di onnipotenza e dalla mancata accettazione dei suoi limiti e sulla gestione superficiale delle emergenze da parte delle pubbliche autorità.
LE DUE CITTA’
In un ‘ epoca indefinita di un lontano
passato, ai piedi di un vulcano da cui si alzava un perenne pennacchio di fumo, scorreva placida la vita di due
città. Una si chiamava la Città Del Sole e si affacciava su un bel mare
turchino, mentre l’ altra aveva nome Città Della Luna ed era abbarbicata nell’
entroterra. La prima prosperava per merito dei commerci marittimi e, grazie
alle cospicue entrate da questi garantiti, aveva un livello di vita decisamente
elevato. La seconda, la cui economia si basava sul duro lavoro della terra e
sulla pastorizia, concedeva ai suoi abitanti una vita più frugale, ma non per
questo meno felice rispetto alla potente città vicina.
Vanto della Città Del Sole, svettavano
nel cielo alti palazzi e importanti
edifici pubblici, sede delle autorità locali e delle importanti corporazioni
dei commercianti, degli armatori e delle maestranze. Inoltre poteva offrire
all’ ammirazione dei visitatori, che qui accorrevano numerosi attratti dalla
sua fama e dalle sue fortune, delle grandi costruzioni adibite ai commerci, al
culto, agli spettacoli e perfino un grosso centro termale. Nei suoi bacini di
acque tiepide si poteva dare conforto al fisico stanco ma anche sollievo, si
diceva, ai molti malanni che colpivano le genti di allora come quelle dei
nostri giorni. La Città Della Luna, invece…beh, avete già capito, non poteva
esibire nulla di simile e, uniche costruzioni che si distinguevano dall’
insieme di casupole umili e amorfe
erano il piccolo tempio e la casa del Reggente, che era la principale
autorità.
Elemento comune alle due città era il grande
vulcano, che si ergeva maestoso e destava costante ammirazione negli abitanti
dell’ una come dell’ altra città. Qualcuno ne aveva anche timore, perché si
tramandavano storie di morte e distruzione, ma avvenute in epoche così
lontane, che si poteva dubitare che non si trattasse di leggende e di storie
più adatte a spaventare i bambini che ad impensierire gli adulti. Per la verità, in un periodo più recente, era fuoriuscita una colata di materiale
incandescente che aveva destato preoccupazione, tanto che squadre dell’ una
come dell’ altra città erano state inviate ad osservare l’ evento, ma il
fenomeno si era arrestato dopo breve tempo limitandosi a demolire con alte
fiamme un vecchio casolare abbandonato a ridosso del cratere.
Una mattina, gli abitanti della regione si
svegliarono di soprassalto, perché delle forti scosse avevano fatto tremare le
abitazioni. Usciti in maniera precipitosa dalle case, rimasero ancora più atterriti, perché il cielo risultò
coperto da una spessa coltre di fumo, che riusciva ad oscurare perfino il sole
all’ orizzonte. Il vulcano, fino al giorno prima sonnacchioso e pacifico, si rivelò subito all’ origine dei
terribili fatti. Una grande paura si
impossessò degli abitanti e
riaffiorarono i ricordi degli antichi racconti. Si temeva di essere alle soglie di un evento
spaventoso e foriero di conseguenze drammatiche per tutto e per tutti. Nella
Città Del Sole, in fretta e furia, venne convocato il grande consiglio delle
autorità e dei saggi della comunità, presieduto dal Reggente Magnifico. Sull’
onda dell’ emozione suscitata dall’
evento, si alzarono molte voci che chiedevano di disporre un’
evacuazione immediata della città. Ad esse si contrapponevano le posizioni di
chi invitava alla prudenza e all’
attesa di successivi eventi. E’ meglio, sostenevano questi ultimi,
valutare in modo più ponderato e non prendere decisioni affrettate. Nel
frattempo, la coltre di fumo si era incredibilmente dissolta e il sole era tornato
a splendere alto sulla città. Nuove scosse non se ne avvertivano più. A quel
punto prese la parola il Reggente Magnifico che pronunciò il seguente
discorso: onorevoli saggi e ministri,
rappresentanti del clero, delle forze imprenditoriali e delle maestranze di codesta grande ed illustre città, io reggente più volte confermato alla guida
di questo grande consiglio, condivido la preoccupazione sollevata da molte
autorevoli voci, ma vi esorto a riflettere che chi amministra una città come la
nostra, che ha un ruolo strategico nei traffici e nei commerci che fanno della
nostra nazione una delle più prospere della terra, ebbene chi governa codesta
città deve prendere decisioni improntate alla responsabilità e alla prudenza.
Un brusio di approvazione si diffuse nella grande aula consiliare. E’ vero,
riprese il Reggente Magnifico, che i nostri vecchi ci tramandano storie di
tempi antichi che parlano di eventi luttuosi e catastrofici, ma non
dimentichiamo che a quei tempi la società non aveva il nostro livello di
sviluppo e non disponeva delle risorse tecniche e della capacità di realizzare
grandi opere. Se dal vulcano dovesse fuoriuscire ancora quel materiale
incandescente, come è successo negli anni passati e dovesse produrne in grande
quantità, in misura tale, vi dico, da poter minacciare la nostra grande città,
vi assicuro che i nostri genieri e le nostre squadre di operai, tecnicamente
preparati e ben organizzati, riusciranno a erigere dei grandi muraglioni e a scavare profondi valloni che saranno in grado di arrestare
o convogliare la materia incandescente lontano dalla città. Di più, nell’ eventualità di un pericolo più
incombente, vi ricordo che disponiamo di una delle più grandi flotte di navi,
tutte moderne e veloci, che permetteranno a tutti i nostri cittadini di essere
salvati, sempre nell’ eventualità che si verifichino fatti di maggiore gravità.
Aggiungo che le leggi emanate dal nostro governo nazionale, non ci consentono
di prendere decisioni così impegnative,
come l’ evacuazione della città, senza prima interpellare le nostre
somme autorità centrali. A quel punto, dopo un iniziale silenzio, si alzò un
grande applauso che si diffuse in tutti gli angoli della grande sala, mentre
le voci di dissenso si fecero più sommesse e vennero presto zittite dalla corale
approvazione ad un discorso così autorevole e ben argomentato.
Venne pertanto deciso di inviare delle
squadre di tecnici ad ispezionare la sommità del vulcano e degli emissari
alla Città Della Gloria, capitale del
regno. A questo punto si pose il problema di cosa dire alla popolazione, che
fuori dal palazzo rumoreggiava e attendeva le decisioni del consiglio riunito.
Si stabilì che, per motivi di ordine pubblico, venissero tenute nascoste tutte
le notizie relative ai possibili pericoli e la gente venisse rassicurata che
tutto era sotto controllo. La maggior parte della popolazione accolse di buon
grado le notizie che furono divulgate
anche perché, più della paura del vulcano, fece leva sui loro cuori la
reticenza ad abbandonare i loro averi e
i loro possedimenti. Si ebbe a segnalare solo qualche singola persona che raccolse le sue cose e partì alla volta
di altre mete.
Nel frattempo, nella Città Della Luna avevano
luogo più o meno gli stessi accadimenti. Si riunì il consiglio, presieduto dal
Reggente e composto dagli anziani e dai rappresentanti dei coltivatori e dei
pastori. La situazione era migliorata e anche in questa assemblea le posizioni non erano unanimi, con due distinte fazioni che si davano battaglia con toni molto accesi, per cui dovette alzarsi il Reggente che, dopo aver invitato tutti alla calma, si accinse a pronunciare il proprio discorso. Ci fu un lungo momento di silenzio, dopo di che si udirono le
seguenti parole: stimatissimi anziani e pregevoli rappresentanti, la decisione
che nella veste di capo dell’ assemblea
mi spetta di prendere è gravida di
conseguenze, sia che sposi l’ una o l’ altra tesi. E’ vero, come hanno
sostenuto alcuni dei presenti, non vi è traccia nella memoria, sia nostra sia delle generazioni che ci hanno
preceduto, di grandi sconvolgimenti provocati dall vulcano che domina la
nostra regione. Esistono solo antiche storie, ma non si sa quanto si possano ritenere veritiere. E’ però
altrettanto vero che il nostro vulcano non ha mai dato segni di agitazione e di
turbolenza così grandi come quelli che si sono verificati in questa giornata,
che incutono paura nei nostri cuori e possono essere presaghi di future
sciagure. La decisione di abbandonare le nostre case è dura da accettare, in
quanto significherà lasciare incustoditi i nostri beni, i nostri campi e i
nostri animali per un tempo che non si può prevedere quanto possa essere lungo,
ma ritengo che la vita della nostra gente sia un bene più prezioso dei loro
averi e che vada preservata a prescindere di quelle che saranno le conseguenze,
buone o cattive, che gli eventi futuri ci riserveranno. Mi assumo pertanto la
responsabilità di ordinare l’ immediata evacuazione della città e che siano
mandati banditori in tutte le nostre contrade ad avvisare la popolazione del
grave pericolo che ci minaccia. Tutti devono essere invitati a lasciare la
nostra terra e a farlo nel più breve tempo possibile, portando con sé il minimo
indispensabile affinché non si abbia impedimento alcuno che rallenti la marcia.
Pur con qualche malumore e qualche defezione, la gente della Città Della Luna iniziò a formare lunghe colonne silenziose, che intrapresero la via che portava verso un ignoto destino. In lontananza si udivano gli echi di una grande festa organizzata nella Città Del Sole quando, dalle viscere della terra, cominciò a salire un rombo sordo che scosse gli animi di chi era partito e di chi era restato.
Pur con qualche malumore e qualche defezione, la gente della Città Della Luna iniziò a formare lunghe colonne silenziose, che intrapresero la via che portava verso un ignoto destino. In lontananza si udivano gli echi di una grande festa organizzata nella Città Del Sole quando, dalle viscere della terra, cominciò a salire un rombo sordo che scosse gli animi di chi era partito e di chi era restato.
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