domenica 4 gennaio 2015

Come si diffonde il virus influenzale







E’ esperienza comune che il virus influenzale prediliga i mesi invernali per circolare nell’ ambito della popolazione, con i bambini che rappresentano il serbatoio principale grazie alla maggiore suscettibilità nei confronti del virus e ai loro numerosi contatti, diffondendolo sia in ambito famigliare che comunitario. Molto spesso la malattia dei bambini precede quella degli adulti e, se questi sono persone fragili come gli anziani o le persone affette da patologie preesistenti, ne possono derivare conseguenze severe fino alla morte. E’ significativo come l’ andamento della curva dei casi di ILI registrati nel corso della stagione faccia segnare un rallentamento consistente nel corso dei periodi in cui le scuole sono chiuse, come avviene in occasione delle festività natalizie. Questo ha portato a considerare la chiusura delle comunità infantili come uno strumento utile ai fini di arginare la diffusione di epidemie severe qauli gli eventi pandemici e qualche studio in questo senso sembrerebbe dimostrare una certa efficacia di questa iniziativa. Da questa constatazione nasce anche l’ idea di rendere i bambini il target principale delle campagne di vaccinazione, al contrario dei soggetti anziani e dei portatori di fattori di rischio che sono attualmente destinatari principali delle stesse. Approfondiremo tale argomento in un’ altra occasione, ma anticipiamo che non mancano evidenze a questo riguardo e che alcuni paesi, tra cui gli USA e l’ Inghilterra, hanno già intrapreso questa strada.

Ma cosa succede al virus influenzale durante i mesi estivi? Non  va in vacanza e non lascia il terreno del tutto libero dalla sua presenza. Il virus continua a circolare e a determinare microepidemie, anche se in misura molto contenuta. I virus di nuova emergenza, come i virus pandemici che sono frutto di un riassortimento tra virus di diversa origine, trovano un terreno praticamente vergine legato alla bassa presenza di anticorpi nella popolazione, il che permette loro di diffondere in maniera significativa anche nei periodi estivi. Una dimostrazione in questo senso l’ ha data il virus H1N1 durante le prime fasi della pandemia del 2009, dando prova di non essere una semplice variante delle epidemie stagionali come taluni hanno voluto far credere. 

In realtà anche i virus stagionali sono in grado di circolare in condizioni ambientali per loro difficili, come dimostra la loro presenza anche nelle zone tropicali dove, sia pure in maniera più limitata e senza dare i picchi che si vedono alle nostre latitudini, riescono a trasmettersi e a provocare un certo numero di infezioni.

Ma come avviene la trasmissione del virus influenzale?

E’ lapalissiano che i virus per poter perpetuare la loro esistenza devono potersi trasmettere in qualche modo da un soggetto ( uomo o anche animale) all’ altro. Vi sono due distinte modalità con cui questo avviene: 


- per contatto diretto, come avviene tramite le mani, liquidi biologici od oggetti contaminati  
- per via aerea

La prima è condivisa da tutti i generi di virus e anche il virus influenzale non fa eccezione. In uno studio sperimentale è stato dimostrato che il virus è in grado di restare vitale sulle dita delle mani fino a 30 min dalla sua deposizione  e sugli oggetti contaminati, per un tempo non superiore a 9 ore. Quello che fa la differenza tra virus appartenenti a famiglie diverse è la capacità di trasmettersi tramite goccioline sospese nell’ aria.
Con i colpi di tosse o gli starnuti vengono emesse goccioline. Alcune, di dimensioni più grandi (> di 5-10 micron) tendono a precipitare rapidamente sul terreno, contaminando le superfici in cui cadono e i soggetti nelle immediate (<1 metro) vicinanze, mentre le goccioline più piccole rimangono sospese nell’ aria ed evaporano in brevissimo tempo, lasciandosi dietro degli aggregati costituiti da sali, proteine e, se presenti, anche virus. Queste ultime sono chiamate goccioline evaporate (droplet nuclei). Oltre a rimanere sospese per ore sono in grado di trasmettersi a distanza di parecchi metri. Solo attraverso quest’ ultima modalità i virus sono in grado di provocare epidemie su larga scala.

Per capire come le condizioni climatiche ambientali influenzino la trasmissione dell’ influenza bisogna rievocare gli studi di Palese e del suo gruppo, che hanno utilizzato i maialini d’ india come animali per condurre i loro esperimenti. Quando i maialini venivano posti nelle stesse gabbie, gli animali si contagiavano tra di loro in qualsiasi condizione di temperatura e umidità,  se invece venivano collocati in gabbie diverse ma adiacenti il contagio aveva luogo solo con le basse temperature e con bassi livelli di umidità relativa. Tradotto in termini reali significa che ai tropici la trasmissione avviene solo per contatto mentre nei climi temperati anche per aerosol di particelle,  almeno quando le condizioni climatiche sono tali da favorire questa via di diffusione. In verità, come è stato messo in luce qualche anno dopo da un altro gruppo di studiosi, ad essere rilevante non è l’ umidità relativa ma l’ umidità assoluta.



Qual' è la storia naturale dell' influenza? 


Vediamo di capire adesso che cosa succede dopo che il virus ha infettato una persona. Ci viene in aiuto una revisione del 2008 basata su 71 studi che hanno utilizzato volontari adulti esposti al virus ( in prevalenza per via nasale). Il 90% si è infettato, come evidenziato dall' aumento degli anticorpi nel sangue, ma circa 1/3 non ha manifestato nessun sintomo e tuttavia è stato in grado di diffondere il virus ai contatti, anche se in misura inferiore rispetto ai pazienti sintomatici. I sintomi prevalenti riguardano le vie aeree superiori (60%), mentre solo il 20% ha avuto sintomi relativi alle vie aere inferiori. Il picco della malattia si manifesta dopo 2-3 giorni dal contagio e dura fino a 8 giorni, la durata media è di 4-5 giorni.
E’ importante notare che nell' 83% dei soggetti il virus inizia a diffondere il giorno successivo al contagio, prima che si manifestino i primi sintomi e si trasmette per ca 5 giorni, ma alcuni soggetti sono in grado di diffondere per più di una settimana.
Molti quindi si ammalano, ma solo una parte manifesta sintomi significativi. Un studio inglese, che ha esaminato gli anni dal 2006 al 2012,  ha mostrato che 3/4 delle persone contagiate dal virus stagionale o pandemico non presentava nessun sintomo. 1/5 della popolazione ha contratto l' infezione nel corso degli anni citati, ma solo il 23% ha avuto sintomi e questi erano significativi al punto da dover consultare il medico solo nel 17% dei casi.
Pertanto i dati raccolti dai medici sentinella relativi alla percentuale di malati sottostimano ampiamente quella che è la reale diffusione del virus. 


A differenza di altre malattie virali che danno immunità permanente, con l’ influenza ci si ammala ripetutamente. Questo avviene non solo per la caratteristica del virus di mutare, cioè di presentarsi sotto altre sembianze, ma anche per l’ attenuarsi dell’ immunità nel corso del tempo anche nei confronti degli stessi ceppi. Soggetti che, in seguito all' infezione naturale, avevano avuto una sieroconversione con titoli significativi al virus H1N1-pdm09, sono stati ricontrollati a distanza di 1 anno. In una percentuale elevata si è evidenziato un' importante riduzione dei titoli anticorpali, in particolare tra le persone più anziane (>55a). Di qui la necessità di proteggersi annualmente con la vaccinazione, indipendentemente dalle variazioni dei ceppi circolanti.









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