In un fredda
giornata di fine dicembre del 2009 il neurologo pediatra finlandese
Markku Partinen,
che lavora presso la Sleep Clinic di Helsinky, si trova di fronte un
bambino di 7 anni, inviato dal medico curante per attacchi improvvisi
di sonnolenza. Il bambino dall' oggi al domani ha iniziato ad avere
impulsi irresistibili di sonnolenza che si prolungano anche per 19
ore nel corso della giornata. Ogni 5 minuti gli capita di
addormentarsi, anche mentre compie attività comuni come il
camminare, mangiare, nuotare e una semplice risata può causargli una
repentina perdita della forza muscolare. Non si tratta di un caso
insolito per lo specialista, che ha dedicato la sua vita ai problemi
del sonno in età pediatrica ed in particolare sa riconoscere con
immediatezza i sintomi di una malattia capace di stravolgere la vita
dei soggetti affetti e delle loro famiglie: la narcolessia.
La sua
incidenza varia da paese a paese, con una prevalenza di 270-550
persone affette ogni milione di abitanti. Gli aspetti clinici della
malattia sono dovuti alla drastica riduzione, fino alla completa
scomparsa, di un neuromediatore chiamato ipocretina o orexina, dovuti
ad una riduzione di neuroni ipotalamici. Nella narcolessia giocano
un ruolo fondamentale fattori genetici. Infatti, l'85% - 100% dei
pazienti narcolettici presentano gli stessi antigeni di
istocompatibilità (HLA – DQB1*0602). Si stima che ca il 25% della
popolazione europea sia portatrice di questa vulnerabilità genetica,
in modo più spiccato nei paesi nordeuropei. In Finlandia la malattia
colpisce in media 40-50 giovani adulti ogni anno, ma il medico
finlandese rimane colpito dall' età del suo paziente, in quanto non
è frequente riscontrare tale patologia in soggetti con meno di 11-12
anni. Nei 7 anni precedenti gli era capitato un solo bambino
affetto. Una delle prime domande che rivolge alla famiglia è se
abbia in precedenza sofferto di qualche malattia respiratoria ed influenzale.
La narcolessia è una malattia di cui si sospetta un origine
autoimmune, possibilmente scatenata da infezioni. Il
pensiero del professionista va anche alle possibili ricadute del
nuovo virus H1N1, emerso proprio in quell' anno, poiché si teme che
possa emulare il suo più illustre antenato, responsabile non solo di
50 milioni di morti nella pandemia del 1918 ma anche principale
indiziato di una malattia che causava un' involuzione cerebrale con
sintomi simili a quelli della narcolessia, soprannominata encefalite
letargica. La risposta è negativa, il bambino è sempre stato bene.
Vengono eseguiti gli esami previsti dal protocollo diagnostico e, a
febbraio, viene confermata la diagnosi di narcolessia. Poteva essere
un caso presto destinato a fare solo statistica nell' archivio del
medico finlandese, ma inaspettatamente ne seguirono altri con le
stesse caratteristiche, esorditi spesso in maniera brusca e con un
andamento severo. A fine agosto del 2010 ben 14 bambini di età 5-15
anni, i cui sintomi erano esorditi nei primi mesi del 2010, avevano
ricevuto quella terribile diagnosi. Unico elemento comune nella
storia di questi bambini era la vaccinazione con il Pandemrix.
Il periodo è
quello della pandemia, che è stato un momento atteso e temuto al
tempo stesso, una grande sfida per l' umanità
ma anche l' occasione per mettere alla prova i piani di
emergenza predisposti dai vari paesi sulla base delle direttive
diramate dall' OMS. Se sulle misure iniziali di contenimento si
faceva affidamento per limitarne la diffusione, tramite il
riconoscimento dei casi e l' applicazione di stringenti misure di
sorveglianza, sull' utilizzo degli antivirali di cui si era
provveduto a fare scorta e su di un' ambiziosa campagna di
vaccinazione si puntava per cercare di arginare l' onda d' urto e di
scongiurare ricadute pesanti sulla popolazione. I vaccini, era noto
già da tempo, rappresentano uno dei punti deboli dell' intero
apparato difensivo per via dei tempi lunghi richiesti per il loro
allestimento e, in effetti, in molti paesi la loro disponibilità è
stata successiva o ha coinciso con il momento di rapida ascesa della
curva epidemica. A questo si è aggiunto anche il problema della
loro proposta in un periodo in cui i piani di vaccinazione sono
accusati di sottostare agli interessi dei potenti gruppi
farmaceutici, ritenuti capaci di influenzare con i loro lunghi
tentacoli i vertici e gli organigrammi degli apparati sanitari
mondiali. Nel corso della pandemia non sono mancate le polemiche sul
loro impiego, rese ancora più esasperate dalla convinzione diffusa
che la minaccia fosse stata gonfiata con lo scopo preciso di
incrementarne la vendita. Ad alimentare i sospetti l' utilizzo di
procedure non convenzionali per l' autorizzazione e di preparati
considerati a torto sperimentali e non sufficientemente collaudati.
In particolare molte critiche ha suscitato l' impiego degli
adiuvanti. A differenza degli Stati Uniti, dove l' agenzia del
farmaco (FDA) ha deciso prudentemente di non prevederne l' utilizzo,
salvo casi eccezionali, l' agenzia europea (EMA) ha deciso di
puntare su questi composti con la motivazione di una migliore
risposta immunitaria e di un risparmio della quantità di antigene,
licenziando due vaccini adiuvati: Focetria ( Novartis) e Pandemrix
( GlaxoSmithKline). Entrambi sono basati sull' utilizzo di un
composto denominato squalene, che è stato al centro di innumerevoli
contestazioni, vuoi per il nome sinistro vuoi per il suo presunto
collegamento con malattie di ogni tipo, dalle reazioni
autoimmunitarie alla sindrome del golfo nei reduci della prima guerra
in Iraq. In realtà si tratta di un prodotto derivato dal metabolismo
del colesterolo impiegato per decenni negli anziani, ma
di cui non mancano prove di sicurezza anche in altri gruppi di età,
bambini compresi. La conseguenza è stato il flop delle campagne
promosse, con milioni di vaccini destinati al macero. Ma non
dappertutto è stato così, in alcuni paesi del nord Europa, come in
Svezia e Finlandia, la gente si è messa disciplinatamente in fila e
si sono raggiunte percentuali di copertura superiori al 50% dell'
intera popolazione, indicative di una migliore preparazione e
gestione dell' emergenza, soprattutto sul piano della comunicazione,
da parte delle autorità sanitarie di quei paesi.
Partinen deve
aver esitato non poco prima di denunciare una possibile correlazione
tra i numerosi casi insoliti che si era trovato ad esaminare e quella
che appariva l' unica spiegazione plausibile, poiché si rendeva
conto dell' enorme scalpore che questo avrebbe provocato su un tema
caldo come quello delle vaccinazioni e delle ripercussioni che ci
sarebbero state sulle campagne presenti e future. Ma in coscienza ha
deciso che non si poteva tacere una situazione che avrebbe potuto
coinvolgere altri soggetti, dal momento che il vaccino era ancora in
commercio.
La segnalazione
suscita, come era prevedibile, un grande dibattito nella comunità
scientifica e riceve subito un' ampia risonanza da parte della
stampa. Il numero di segnalazioni aumenta, non solo in Finlandia
ma anche in Svezia e in
altri paesi come la Francia.
Dopo le
iniziali esitazioni, alla fine di agosto arriva la decisione dell'
Istituto Sanitario Finlandese ( THL) che decreta la sospensione del
vaccino su tutto il territorio nazionale, anche se considera ancora
aperta la questione se l' aumentata incidenza sia legata al vaccino,
alla pandemia, ad entrambe le cause o ad altri fattori.
A fine
settembre, quando i casi sono diventati 80, l' Agenzia Europea del Farmaco (EMA) si pronuncia con una provvisoria assoluzione del
vaccino pandemico per mancanza di elementi sufficienti, ma si riserva
altri 6 mesi per nuovi approfondimenti.
La prudenza dei
primi comunicati ufficiali deriva dal fatto che il Pandemrix è stato
somministrato a più di 30 milioni in 47 paesi senza che la
sorveglianza passiva avesse messo in luce reazioni di una certa
importanza e dall' impossibilità, almeno per il momento, di potere
escludere con certezza altre ipotesi, prima tra tutte quella della
coincidente circolazione del virus pandemico.
A febbraio del
2011 il THL finlandese prende una posizione più netta a favore del
collegamento tra malattia e vaccino, in quanto da uno studio è
risultato che il rischio dei soggetti vaccinati di età 4-19 anni era
9 volte superiore rispetto a quello dei non vaccinati.
Uno studio analogo viene compiuto in Svezia da cui si ricava un
rischio triplo e doppio rispettivamente per quelli con meno o più di
21 anni
Ciò nonostante
il Global Advisory Committee on Vaccine Safety(GACVS) dell' OMS si pronuncia a favore della continuazione della
vaccinazione nei confronti del virus influenzali in quanto nessun
legame è stato riscontrato con altri vaccini, sia stagionali che
pandemici.
A livello europeo, a parte la Finlandia con 62 casi e la Svezia con
61, solo l' Islanda avrebbe riportato un aumento, sia pure minimo
dell' incidenza. In
Canada,
dove è stato usato un vaccino molto simile ( Aremparix) non si
sarebbe verificato nessun aumento significativo.
Ad agosto del
2011 viene pubblicato sulla rivista Annals of Neurology un articolo
che fa segnare un punto a favore dei sostenitori dell' innocenza
del Pandemrix.
E' scritto da un gruppo congiunto di studiosi cinesi e americani,
guidati da Emmanuel Mignot della Stanford University, grande esperto
di narcolessia e autore di numerosi studi sull' argomento, che hanno
rilevato un aumento dei casi di narcolessia in Cina che si sarebbe
verificato 5-7 mesi dopo il picco dell' epidemia di influenza
pandemica, con un aumento di 3 volte rispetto a precedenti stagioni,
non riconducibile alla vaccinazione.
Questo articolo riapre il dibattito su quali siano da considerare le reali cause della malattia, ma il mese successivo esce il rapporto della Task Force finlandese sulla Narcolessia in cui si afferma che solo il 10% dei bambini e adolescenti colpiti dalla malattia avevano contratto l' influenza H1N1 e in ¼ dei casi era stata rinvenuta la presenza di anticorpi contro l' AS03, che è l' adiuvante impiegato nel vaccino. I casi in Finlandia sono nel frattempo saliti a 98, 79 dei quali di età compresa tra i 4 e i 19 anni. Nella stessa relazione si dà atto tuttavia che la vaccinazione ha contribuito ad evitare un significativo numero di infezioni e di complicanze gravi da virus pandemico, per cui il rapporto rischi-benefici viene ritenuto positivo
Questo articolo riapre il dibattito su quali siano da considerare le reali cause della malattia, ma il mese successivo esce il rapporto della Task Force finlandese sulla Narcolessia in cui si afferma che solo il 10% dei bambini e adolescenti colpiti dalla malattia avevano contratto l' influenza H1N1 e in ¼ dei casi era stata rinvenuta la presenza di anticorpi contro l' AS03, che è l' adiuvante impiegato nel vaccino. I casi in Finlandia sono nel frattempo saliti a 98, 79 dei quali di età compresa tra i 4 e i 19 anni. Nella stessa relazione si dà atto tuttavia che la vaccinazione ha contribuito ad evitare un significativo numero di infezioni e di complicanze gravi da virus pandemico, per cui il rapporto rischi-benefici viene ritenuto positivo
Sulla base
delle numerose evidenze ormai emerse, il governo finlandese
autorizza la corresponsione di un risarcimento a tutte le famiglie
che hanno avuto un membro coinvolto
Due studi
successivi rafforzano il legame narcolessia-Pandemrix, uno condotto
da Hanna Nohynek del Finnish National Institute for Health and
Welfare e l' altro dal primo medico che ha denunciato la faccenda, Markku Partinen.
Facendo un confronto tra i casi verificatisi in Finlandia nei 7 anni
precedenti con quelli che anno avuto luogo dopo la stagione
pandemica, l' aumento risulta essere di ben 17 volte. 50 dei 54 casi
erano stati vaccinati in media 42 giorni prima dello sviluppo della
malattia. Nei soggetti di età maggiore di 20 anni non si è verificato nessun
aumento dell' incidenza. L' analisi genetica ha riscontrato la
presenza dell' allele DQB1*0602/DRB1*15 in 34 su 54 casi. Il professor
Partinen previene una possibile obiezione, che cioè l'
aumento del numero dei casi sia correlato solo con un aumento della
pubblicità che è stata data all' argomento: nella
maggioranza dei casi l' inizio della malattia è stato brusco e ha
portato a consultazioni mediche prima dell' agosto 2010, quando hanno
cominciato ad uscire le prime notizie di stampa.
La controversia
sembra a questo punto volgere decisamente a favore del danno da vaccino. A
settembre del 2012 l' ECDC rende note le conclusioni del gruppo
europeo di investigazione epidemiologica che, sulla base di due
studi, uno della stessa ECDC e l' altro del consorzio Vaccine Adverse
Event Surveillance and Communication (VAESCO), considera plausibile
l' associazione tra Pandemrix e narcolessia, ma solo nei bambini di
Finlandia e Svezia, mentre non esisterebbero evidenze in tal senso
per gli adulti e per altri paesi europei. Il problema, a questo punto, è capire perché non si sia
verificato un simile aumento in paesi come l' Inghilterra e il
Canada, dove esiste una pari suscettibilità genetica ed è stato
usato lo stesso vaccino o uno molto simile e quale componente del
vaccino possa avere indotto la reazione. Il principale indiziato è
l' adiuvante, che nel caso del Pandemrix, è formato da un composto
di nome AS03, che è dato dall' associazione di un olio derivato dal
fegato degli squali ( da cui il nome squalene) da un tipo di
vitamina E chiamata DL-alpha-tocopherol e da un' emulsionante, il polisorbato 80. Lo scopo di questo come di altri adiuvanti è
quello di potenziare la risposta immune agli antigeni presenti nel
vaccino, ma si teme che possa innescare reazioni di tipo
autoimmunitario. Il vaccino distribuito in Canada ( Aremparix)
possiede lo stesso adiuvante, con minime differenze nella
formulazione. Lo squalene è anche un componente fondamentale del
vaccino Focetria prodotto dalla Novartis e distribuito in Italia e in
altri paesi europei.
In realtà nei
mesi e negli anni successivi escono nuovi studi che dimostrerebbero
un aumento dell' incidenza anche in altri paesi europei, come in
Danimarca, in Inghilterra, in Francia
e da ultimo in Germania
anche se va precisato che si tratta di lavori retrospettivi basati su numeri non molto elevati e relativi a casi emersi spesso in un' epoca successiva alla divulgazione mediatica della vicenda e quindi soggetti a possibili bias, come del resto gli stessi autori riconoscono.
anche se va precisato che si tratta di lavori retrospettivi basati su numeri non molto elevati e relativi a casi emersi spesso in un' epoca successiva alla divulgazione mediatica della vicenda e quindi soggetti a possibili bias, come del resto gli stessi autori riconoscono.
Il dubbio che
la massiccia circolazione del virus pandemico avesse avuto un ruolo
determinante nell' aumento dei casi viene nuovamente smentito da uno
studio finlandese che dimostra che i bambini ammalati di narcolessia
presentano un' elevata presenza di anticorpi rivolti verso la
proteina NS1 del virus H3N2 stagionale, ma bassissima nei confronti
del virus H1N1 pandemico. Solo 2 bambini su 45 presentavano livelli
tali di anticorpi anti NS1 da far ritenere probabile una concomitante
infezione naturale.
Data ormai per
certa l' associazione vaccino-malattia, rimane da spiegare l' aumento
dei casi registrato in Cina non in rapporto con la vaccinazione ma,
verosimilmente, con la presenza del virus H1N1.
A fine 2013 il
prof. Mignot fa la scoperta che sembra far quadrare il cerchio: le
cellule CD4+ T
responsabili della distruzione delle cellule cerebrali che secernono
l' ipocretina riconoscono anche una proteina del virus H1N1, l'
emagglutinina (HA) e da qui la suggestiva ipotesi che sia questa ad
evocare, grazie ad un meccanismo chiamato mimetismo molecolare, la
risposta autoimmune. Con questa scoperta viene data spiegazione all'
aumento dei casi sia in Cina che in Europa, con sempre il virus H1N1
al centro, per azione diretta nel primo caso, veicolato dal vaccino
nel secondo.
Mignot ha
dovuto successivamente ritrattare il suo studio, in quanto non è
riuscito a riprodurne i risultati
ma ha comunque avuto il merito di aprire un interessante filone di
studio che ha evidenziato come il danno non sia provocato dal vaccino
in quanto tale, ma dagli antigeni virali il cui effetto, probabilmente,
è potenziato dall' adiuvante.
Resta da
chiarire perché lo stesso principio non valga per vaccini con lo
stesso adiuvante ( Aremparix) o con uno molto simile ( Focetria ).
Uno studio nello stato dell' Ontario in Canada, dove l' Aremparix è
stato somministrato a 4,8 milioni di persone, non ha infatti rilevato
nessun aumento di casi.
A dicembre 2014
una plausibile spiegazione proviene da ricercatori finlandesi che, nei
soggetti affetti dalla malattia, mettono in evidenza livelli molto più
alti rispetto
alla popolazione generale di anticorpi di tipo IgG che si legano al Pandemrix. Nel caso dell' Aremparix, l' azione legante di tali anticorpi era
molto minore, ad indicare delle differenze tra i due vaccini. Indagini
approfondite hanno permesso di appurare che gli antigeni virali
del Pandemrix presentano una percentuale superiore di proteina NP
alterata ( a causa dei detergenti impiegati) e che gli anticorpi
prodotti contro questa componente erano particolarmente alti nei
soggetti portatori della variante genetica tipica della malattia (DQB1*06:02)
A risultati
analoghi sono giunti ricercatori della Novartis e dell' Università di Siena analizzando le differenze tra il Focetria e il Pandemrix,
che usano adiuvanti simili. Il primo contiene il 72,7% in meno di
proteina NP, una piccola porzione della quale presenta un' elevata
somiglianza strutturale con una parte del recettore 2 per
l’ipocretina. In soggetti geneticamente predisposti alla
narcolessia ed infettati con il virus selvaggio dell’influenza A,
l’organismo produce anticorpi contro la nucleoproteina A virale,
che possono legarsi anche al recettore 2 dell’ipocretina. Quando il
recettore è bloccato da questi anticorpi, il neuropeptide ipocretina
non può legarsi: ciò determina un difetto di segnalazione
neurorecettoriale specifica che comporterebbe l’insorgenza della
narcolessia. Anche se rimane da spiegare come questi anticorpi
stimolati dalla proteina NP arrivino al cervello, questa scoperta
rappresenta un nuovo importante tassello nell' individuazione delle
cause che hanno portato all'insorgenza della narcolessia
Ultima in ordine di tempo, una ricerca di Partinen e altri mette in evidenza, in una percentuale significativa dei soggetti affetti dalla malattia rispetto ai controlli, un aumento degli anticorpi antigangliosidi, gli stessi che aumentano in malattie immunomediate come la Guillaim-Barrè, sempre associati alla nota predisposizione genetica.
Quali lezioni possiamo trarre da tutta questa vicenda?
La cronaca, anche recente, registra continui attacchi alla legittimità delle campagne di vaccinazione sia di tipo ordinario che in risposta ad eventi eccezionali come le pandemie. La tendenza è quella di demonizzare uno dei più importanti strumenti di salute pubblica, con l' accusa di soggiacere agli interessi delle multinazionali farmaceutiche, pronte ad usare tutti i potenti mezzi a loro disposizione per soffocare ogni minaccia ad un' importante fonte di guadagno. Non è certo mia intenzione negare l' esistenza di pratiche sotterranee o di conflitti di interesse, ma la vicenda qui narrata dimostra che a fronte di alcune ombre esistono grandi spazi di pensiero libero e di ricerca della verità, senza vincoli che non siano quelli dettati dalla propria coscienza. Il dottor Partinen vive in una nazione dove la vaccinazione, compresa quella influenzale, è considerata un valore irrinunciabile, tanto da porre quel paese in testa nelle classifiche europee delle coperture della popolazione, ma questo non ha impedito al medico di denunciare una situazione di potenziale pericolo per i propri cittadini, anche a costo di gettare discredito su una campagna su cui il suo paese aveva grandemente investito. Dopo le esitazioni iniziali legate ad una giustificata cautela, va dato atto alle autorità pubbliche, sia finlandesi che europee, di aver portato avanti con determinazione e trasparenza un percorso di approfondimento che ha permesso di far luce sulla questione e di riconoscere il nesso causale tra vaccino e malattia. La ricerca scientifica dei vari paesi si è dimostrata tutt' altro che succube dei poteri forti e ha condotto indagini rigorose che hanno meglio definito i contorni dell' intera vicenda. Tutto questo è la dimostrazione che i programmi di vaccinazione, se anche hanno alle spalle logiche di mercato, non sono da queste condizionate al punto di mettere a rischio la salute e devono continuare a riscuotere la fiducia della gente in quanto strumento essenziale per la difesa del singolo e della collettività.
La sciagura caduta addosso ai soggetti colpiti e alle loro famiglie deve essere un forte richiamo a mantenere alti i livelli di attenzione sulle possibili reazioni avverse dei vaccini, ma non può rappresentare un motivo per rigettare i piani di vaccinazione che hanno permesso di salvare tante vite. Lo stesso vaccino pandemico, nonostante questa ombra, mantiene intatta la sua legittimità in quanto è stato scelto con una procedura di urgenza legata ad un evento dalle conseguenze imprevedibili che, se anche si è dimostrato più blando rispetto ai timori iniziali, è stato comunque causa di sofferenze e di vittime che il vaccino è riuscito in parte a prevenire. Se in quei paesi in cui l' adesione è stata ampia l' impatto della pandemia, non solo nel primo anno ma anche in quelli successivi, è stato più blando rispetto ad altri, una parte del merito può essere attribuito proprio a questa maggiore copertura. In Italia, dove l' adesione è stata bassissima, abbiamo subito tre diverse ondate con impatto severo sulla popolazione.
In ogni caso non è stato il vaccino in quanto tale o l' utilizzo degli adiuvanti ad essere direttamente responsabili della malattia, ma componenti del virus che non sono stati sufficientemente purificati e hanno innescato la reazione di tipo autoimmunitaria. Queste scoperte aiuteranno a migliorare la tecnologia di produzione e a rendere sempre più sicuri i vaccini come arma imprescindibile nella lotta dell' umanità contro le minacce infettive.
I casi di narcolessia verificatisi nei paesi nordici hanno anche permesso di capire meglio i meccanismi patogenetici della narcolessia e di individuare i fattori coinvolti che serviranno, si spera, a prevenire e a curare meglio la malattia.
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