Articolo scritto per IoVaccino con il contributo di Stefano Zona
La vaccinazione non è solo un atto di protezione ma anche di responsabilità, in quanto permette anche a chi non è vaccinato di beneficiare della protezione offerta da chi intorno a lui è vaccinato. È quella che viene chiamata herd immunity o immunità di gruppo. Molti dissenzienti non credono a questa importante funzione, per ragioni di pregiudizio ideologico ma anche di insensibilità nei confronti dei temi di solidarietà sociale.
Un argomento che potrebbe servire a smuovere le loro coscienze è rappresentato dal rischio che corrono i familiari dei soggetti non vaccinati. Ho avuto esperienza diretta di un caso di pertosse di un bambino di 4 anni che si è trasmessa al fratello di 4 mesi, ricoverato per crisi di apnea, entrambi non vaccinati per scelta esplicita dei genitori.
Questo aspetto è particolarmente significativo nel caso dell’influenza e viene ben evidenziato dallo studio di Pia Hardelid dell’University College di Londra (1) [lo studio è stato finanziato dal NHS, il servizio sanitario nazionale inglese, i dati provengono da diversi database amministrativi della Scozia]. In una coorte di 424.048 bambini nati tra il 2007 ed il 2015 ci sono state 1.115 ospedalizzazioni di bambini di meno di 2 anni per influenza, in grande maggioranza (85,1%) nati a termine e senza problemi di salute.
I risultati sembrano scontati, ma solo in parte: innanzitutto, i bambini al di sotto dei 6 mesi nati a ridosso della stagione invernale, hanno 3-4 volte più rischio di una ospedalizzazione rispetti ai bambini nati a fine inverno e in primavera; i bambini che hanno avuto problemi di salute o nati pretermine sono più a rischio di quelli nati sani e senza problemi dopo il parto (di nuovo, nulla di strano).Il principale fattore di rischio quindi, in particolare per quelli con meno di 6 mesi, è risultato l’appartenere a nuclei familiari con fratelli di età maggiore. È una chiara dimostrazione dell’importanza di vaccinare i bambini più grandicelli così da proteggere anche gli abitanti di casa più piccini.
Ma poi arriva un dato interessante: i bambini sotto i 6 mesi che hanno uno o più fratelli/sorelle maggiori, sono molto più a rischio di ospedalizzazione rispetto ai figli unici. Ed è interessante anche perché questo risultato è stato confermato nel gruppo 6-24 mesi.
Possiamo quindi sfruttare l’“effetto famiglia” per proteggere i neonati all’interno di un nucleo familiare con più di un bambino (visto che circa la metà del rischio è infatti rappresentata dai fratelli/sorelle maggiori).Ma vaccinare i bambini contro l’influenza può essere un’arma importante per la protezione anche di altre categorie di soggetti deboli in ambito familiare, mi riferisco ai nonni e ai portatori di patologie a maggior rischio di complicazioni.
Gli autori dello studio concludono: “Vaccination of children who are eligible for influenza vaccination under a universal programme (children aged ≥2 years in the UK) who have a sibling aged <2 years during the influenza season should be strongly encouraged to be vaccinated in order to prevent influenza-associated hospital admissions among young children”.
Purtroppo in Italia l’influenza viene percepita come un problema che interessa quasi esclusivamente le categorie più vulnerabili, nonostante la ricerca degli ultimi anni abbia messo in luce le importanti ricadute sull’intera collettività, con un impatto rilevante non solo sotto il profilo sanitario ma anche sociale ed economico. I bambini rappresentano un elemento chiave nella diffusione della malattia, in quanto si ammalano con percentuali elevate (fino al 30%), diffondono il virus in misura maggiore e per tempi più prolungati rispetto agli adulti, sono a stretto contatto tra di loro e osservano meno le regole igieniche.
Il messaggio che si può trarre dai vari studi citati va oltre la vaccinazione contro l’influenza: per proteggere tutti i componenti della famiglia, soprattutto i neonati, dalle malattie che si trasmettono per via aerea e tramite la saliva è necessario vaccinare i bambini.I bambini non hanno solo un ruolo di “untori” nei confronti delle altre classi sociali, perché sono loro stessi vittime di complicazioni e perfino di morte, soprattutto i più piccoli, in percentuali non irrilevanti.
Alcuni gruppi di ricerca dimostrano l’efficacia dell’effetto famiglia, con metodi matematici: emerge infatti quanto è importante e cost-effective vaccinare i bambini per ridurre il rischio di influenza anche negli anziani. (2)
I tassi di ospedalizzazione dei bambini sotto i 5 anni sono elevati quanto quelli degli adulti di età 50-65 anni e sotto i 2 anni si raggiungono valori non molto inferiori e, sotto i 6 mesi, anche sovrapponibili rispetto agli anziani. (3)
Diverse possono essere le complicazioni, dalle comuni otiti e sinusiti alle temibili polmoniti primarie o con sovrapposizione batterica. Non sono infrequenti le segnalazioni di miocarditi, encefaliti e sepsi.
Le morti per influenza in ambito pediatrico sono un evento fortunatamente raro, ma caratterizzato da un impatto devastante sulle famiglie e sull’ambiente sociale di riferimento. Deve far riflettere che un esito così drammatico può essere evitato con un vaccino del costo di pochi euro. Negli USA esiste ormai da più di 10 anni un programma di sorveglianza attivo che rende le morti di bambini per influenza soggette a notifica obbligatoria e sottopone ad un protocollo di indagini approfondite i casi a cui non è stato possibile fare la diagnosi prima della morte. Il programma è partito nel 2003, dopo una stagione che è stata segnata da 153 decessi con diagnosi confermata (0,88 x 100.000), nella metà dei casi erano bambini precedentemente sani. Tra il 2004 ed il 2012 si sono verificati 830 casi fatali, il 43% erano bambini sani. (4)
L’impatto dell’influenza nei bambini va al di là della malattia clinica, comprende anche i costi socioeconomici correlati, come quelli dovuti ai farmaci, alle visite ambulatoriali, alle ospedalizzazioni nonché costi indiretti come assenze da scuola e perdita di giornate lavorative da parte dei familiari, sia per le necessità di assistenza al minore sia per malattie secondarie degli stessi familiari. In uno studio finlandese il costo complessivo dell’influenza nei bambini da 6 mesi a 13 anni, con un tasso medio di attacco del 16%, è risultato pari a 39 milioni di €, senza considerare i bambini con meno di 6 mesi. Più di due terzi di questo costo dipende dalle perdite lavorative dei familiari. (5)
I programmi di vaccinazione tradizionali messi in atto dalla maggior parte delle nazioni stanno segnando il passo e in certi paesi, come in Italia, registrano significativi arretramenti rispetto agli obiettivi. Alcune nazioni più avanzate hanno capito che l’influenza, alla pari di altre malattie per le quali si sono raggiunti traguardi importanti, si combatte efficacemente solo con un coinvolgimento dell’intero corpo sociale. Un elemento basilare è la vaccinazione dei bambini dai 6 mesi in su, con il duplice scopo di ridurre l’impatto dell’influenza su questa classe di età e di contenere la diffusione del virus che ha nei bambini il serbatoio principale. Negli USA già da diversi anni viene proposta la vaccinazione estesa all’intera popolazione, indipendentemente dall’appartenenza alle categorie a rischio per le quali rimane comunque un’indicazione forte. In Europa la situazione è a macchia di leopardo, con la maggioranza dei paesi che si attengono alle classiche raccomandazioni, mentre Austria, Slovacchia e Sassonia offrono una vaccinazione estesa a tutti i bambini e Finlandia, Romania, Estonia e Slovenia ai più piccoli. L’Inghilterra ha dato il via nella stagione 2013-14 ad un ambizioso programma che si ripropone nel giro di pochi anni di estendere la vaccinazione con il LAIV (vaccino vivo nasale) a tutti i bambini sani di età 2-16 anni. (6)
Si è iniziato nel 2013 con la vaccinazione dei bambini di 2 e 3 anni e, in alcune aree pilota, di tutti i bambini di età 2-10. Nella stagione successiva l’offerta è stata estesa a tutti i bambini fino a 4 anni e, per le aree pilota, fino a 13 anni. Nella attuale stagione l’offerta viene allargata ai bambini del primo e secondo anno della scuola elementare. La percentuale di soggetti vaccinati è stata superiore al 50% e, per quanto riguarda le aree pilota, su tutta una serie di parametri (incidenza di ILI, tamponi positivi, accessi al pronto soccorso, ospedalizzazioni) si è ottenuto un miglioramento sensibile sia nei soggetti vaccinati che in quelli non vaccinati sia nel primo (7) che nel secondo (8) anno (nonostante la presenza in quest’ultimo di ceppi driftati dei virus H3N2).
Smettiamola di considerare l’influenza un problema solo di alcuni “ghetti” sociali (gli appartenenti alle categorie a rischio) e non, come dovrebbe essere, una questione che investe l’intera collettività. Con la rosolia in passato e, recentemente, con l’HPV, si è capito che a considerare unico target le donne, che sono quelle che oggettivamente rischiano di più, non si ottengono risultati soddisfacenti. Il motivo non è solo che i maschi rappresentano un serbatoio del virus ma anche che il successo di una campagna è dato dal fatto di coinvolgere l’intera popolazione e non solo una sua componente. Una delle strategie comunicative più persuasive nel campo delle vaccinazioni (a parte le frange ideologicamente schierate contro) è proprio il richiamo alla solidarietà dei più forti (quelli che rischiano meno) nei confronti dei più deboli (quelli che rischiano di più), in cui la “condivisione” porta un beneficio all’intero corpo sociale. Fintanto che l’influenza viene percepita come un problema di “altri”, ci sarà sempre qualcuno più fragile di noi o che rischia di più e non ci si deve meravigliare del fallimento delle attuali campagne. È ora di far capire che l’influenza è un problema di “tutti” e che “tutti” sono chiamati a fare la loro parte per ridurre gli ingenti costi in termini di vite umane e di spese sanitarie e sociali che gravano sull’ intera collettività.
Uno studio recente ci illustra i benefici immediati di una proposta allargata: in Inghilterra, con l’attuale programma di vaccinazione esteso a tutti i bambini, si è ottenuto un aumento del 50% (dal 40 al 60%) dei bambini a rischio che si sono vaccinati. (9)
È proprio il caso di dire: solo uniti si vince.
Dottor Stefano Prandoni, pediatra di famiglia di Valdagno e amministratore del gruppo Facebook L’influenza questa sconosciuta.
Dottor Stefano Zona, specialista in malattie infettive presso il Policlinico di Modena.
Bibliografia:
(1) Hardelid P. Verfuerden M. Risk factors for admission to
hospital with laboratory-confirmed influenza in young children: birth
cohort study European Respiratory Journal 2017 50: 1700489; DOI:
10.1183/13993003.00489-2017. http://erj.ersjournals.com/content/50/3/1700489
(2) Dorratoltaj N, Marathe A, Lewis BL, Swarup S, Eubank SG,
Abbas KM. Epidemiological and economic impact of pandemic influenza in
Chicago: Priorities for vaccine interventions. PLoS Comput Biol. Public
Library of Science; 2017 Jun;13(6):e1005521.
(3) Poehling e al The underrecognized burde of influenza un young chidren NEJM 2006 Jul 6;355(1):31-40. http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa054869#t=article
(4) Wong K.K., et al. Pediatrics:Influenza-Associated
Pediatric Deaths in the United States, 2004–2012. Pediatrics 2013 doi:
10.1542/peds.2013-1493. http://pediatrics.aappublications.org/content/pediatrics/early/2013/10/23/peds.2013-1493.full.pdf
(5) Salo e al. Cost-effectiveness of influenza vaccination of healthy children Vaccine 2006 Jun 5;24(23):4934-41. https://doi.org/10.1016/j.vaccine.2006.03.057.
(6) Department of Health (DoH). Joint Committee on
Vaccination and Immunisation. Minute of the meeting held on Friday 13
April 2012. London: DoH. [Accessed 5 Jun 2014]. http://webarchive.nationalarchives.gov.uk/20130402145952/http://media.dh.gov.uk/network/261/files/2012/05/jcvi-minutes-13-april-2012-meeting.pdf
(7) Pebody RG e al Uptake and impact of a new live
attenuated influenza vaccine programme in England: early results of a
pilot in primary school-age children, 2013/14 influenza season Eurosurv.
2014 Jun 5;19(22). pii: 20823. http://www.eurosurveillance.org/ViewArticle.aspx?ArticleId=20823
(8) Pebody RG e al Uptake and impact of vaccinating school
age children against influenza during a season with circulation of
drifted influenza A and B strains, England, 2014/15 Eurosurveillance,
Volume 20, Issue 39. http://www.eurosurveillance.org/ViewArticle.aspx?ArticleId=21256
(9) Rajaran e al. Uptake of childhood influenza vaccine from 2012–2013 to 2014–2015 in the UK and the implications for high–risk children: a retrospective observationalBMJ open 2016;6:e010625. http://bmjopen.bmj.com/content/6/8/e010625.full
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